Questo libro, Quando avevo cinque anni mi sono ucciso, di Howard Buten, rientra a pieno titolo nel genere: “Storie d’amore tragicomiche accadute a un bambino di otto anni e narrate dal medesimo”, di cui è anzi il più insigne rappresentante nonché l’unico. Unico è anche questo romanzo, e come tale si ama o si odia con egual nettezza. Se vi danno fastidio le storie raccontate in prima persona da un bambino, lasciate perdere. Altrimenti continuate a leggere, perché potreste aver fatto una splendida scoperta.
I primi anni della vita di ciascuno sono un mondo a parte, una dimensione fatata, anarchica, in cui gli adulti non dovrebbero poter entrare.
Quando invece vi entrano, rischiano di far più danni di un elefante in una cristalleria. Succede proprio questo a Burt, il protagonista di questo romanzo, che a otto anni si trova in un istituto di neuropsichiatria infantile.
[cro_callout text=”Libro pieno d’inventiva, Quando avevo cinque anni, mi sono ucciso ha avuto anche una storia editoriale molto singolare. Negli Stati Uniti è andato solo benino, mentre in Francia è diventato un vero bestseller.” layout=”2″ color=”#891C09″]All’inizio del racconto non sappiamo Burt perché sia finito lì: lo scopriremo un poco alla volta, dalla voce stessa del bambino che racconta la storia passando da un piano temporale all’altro ma mantenendo sempre lo stesso tono, tenero e autentico, indimenticabile.Prima di entrare nell’istituto, Burt aveva una famiglia molto normale, frequentava una scuola molto convenzionale, dove c’era il suo miglior amico, Shrubs, pasticcione e chiassoso e un’insegnante che adorava. Ma soprattutto c’era Jessica, il suo amore in un’età in cui l’amore non dovrebbe esistere. Nell’istituto, Burt incontra il dottor Nevele, medico privo del minimo sindacale di empatia; incontra Carl, bambino come lui, che si trova lì perché morde. E incontra anche Rudyard, giovane dottore simpatico, che un po’ è l’alter ego dell’autore (Howard Buten, tra le varie cose che fa, è uno psicologo).
Tra queste due dimensioni, passato e presente, si sviluppa il racconto, alternato dalle lettere che i genitori scrivono a Burt e i rapporti medici che il ragazzino ruba al dottor Nevele. Poi, a un certo punto, la storia passa in un’altra dimensione, che è quella propria dei bambini, fatta solo per Jessica e Burt, e in cui i grandi non dovrebbe entrare.
Libro pieno d’inventiva, Quando avevo cinque anni, mi sono ucciso ha avuto anche una storia editoriale molto singolare. Negli Stati Uniti è andato solo benino, mentre in Francia è diventato un vero bestseller. L’autore, un po’ stupito, è andato oltreoceano per capire come mai, e c’è rimasto. Ancor oggi vive per sei mesi all’anno in Francia. Scritto nel 1981, in Italia ha appena avuto la sua terza edizione (per l’editore Tranchida di Milano).