In qualche modo ci sembra di riprendere il discorso possibilista dell’ultima newsletter, ma girandolo completamente di prospettiva. Sì, perché non accade quasi mai che una mezza frase, un discorso, un accenno non inneschino poi un pensiero, non sviluppino ciò su cui già avevamo riflettuto e che avevamo dichiarato in precedenza…
Si parlava l’altro giorno con un’amica più che con una cliente di un libro che aveva letto in estate e che l’aveva grandemente colpita, passandoci questo stupore e incuriosendoci a nostra volta: Malefica di Maura Gancitano e della per noi sconosciutissima casa editrice Tlön. (Il libro tratta della questione del femminile -non per niente il titolo-, di quanto la divisione donna-uomo e la rabbia di una parte di universo muliebre sia mutuata da una ferita. Ma cliccate sul titolo e avrete più notizie). In occasione di questa chiacchierata si è insieme convenuto che gli opposti sono fondamentali, ci compongono e contengono, ma sono fonte di crescita e nutrimento reciproci solo se percepiti nel loro amalgama di composti differenti di una stessa unità, e non nella concezione di essere uno contro l’altro.
Anche rubacchiando dalle filosofie orientali (non addentrandoci in buddismo, sufismo, o -ismi di vario genere) vogliamo sottoporvi la questione dell’Uno. Uno che è chi è nel Sé, ma che è anche uno con il Tutto che lo circonda. E lo comprende. Affascinante davvero. Perché, immaginate a che finezza di pensiero si giunge: l’alterità esiste, è proprio quella somma di possibilità di cui parlavamo l’altra settimana, ma è alterità che comprende se stessa in un’unità senza confini.
Solo nell’unione degli opposti, in un Tao che circola su se stesso avvolgendo Yin (principio negativo) e Yang (principio positivo) si può vedere la vera specificità di ognuno di noi: in azione dall’interno di noi, in azione verso gli altri, in relazione con l’esterno che ci circonda. E viceversa. Non esiste quindi un opposto che non contenga parte del contrario di sè.
E allora, percependosi in fondo tutti piccoli pezzi di uno stesso puzzle, come si fa ad essere realmente l’uno contro l’altro, come si può sviluppare avversione e aggressività verso un altro soggetto, verso il mondo circostante?
Forse il problema risiede nel non immederimarsi, nel lasciarsi attraversare dalla vita più che viverla consapevolmente, complessamente. Ma i giorni, come le persone e l’ambiente che ci ospita, non sono una somma insensata di avvenimenti buttati a caso: sono il nostro terreno fertile, le zolle che compongono il campo in cui, seminati, cresceranno i nostri frutti.
E allora che bello che esista la diversità, l’alterità, il contrario, tutto ciò in cui non ci riconosciamo. Perché? Perché solo così dobbiamo sforzarci di capire. Solo così andiamo oltre noi, svalicando quel famoso limite che divide gli opposti ed entrando nell’Altro, cercando di comprenderlo, magari sorprendendoci di trovarlo più simile di quanto immaginassimo…
Fate un esercizio e smontate ogni volta il primo pensiero istintivo verso persone, cose, azioni, sensazioni e situazioni: fate attenzione e guardate bene.
In molti casi il primo è un pre-giudizio che, smontaggio dopo smontaggio, ci porterà ad averne sempre meno, di giudizi: saremo troppo impegnati a scoprire!