Percival Everett
JAMES
(La Nave di Teseo – Trad. di Andrea Silvestri, € 20)
Ad Hannibal, una cittadina lungo il fiume Mississippi, lo schiavo Jim scopre che a breve verrà venduto a un uomo di New Orleans, finendo per essere separato per sempre dalla moglie e dalla figlia. Decide, quindi, di scappare e nascondersi nella vicina Jackson Island per guadagnare tempo e ideare un piano che gli permetta di salvare la sua famiglia. Nel frattempo, Huckleberry Finn ha simulato la propria morte per sfuggire al padre violento recentemente tornato in città, e anche lui si rifugia nella stessa isola. Come tutti i lettori delle Avventure di Huckleberry Finn sanno, inizia così il pericoloso viaggio – in zattera, lungo il fiume Mississippi – di questi due indimenticabili personaggi della letteratura americana verso l’inafferrabile, e troppo spesso inaffidabile, promessa di un paese libero. Percival Everett parte dal capolavoro di Mark Twain per raccontare la storia da un punto di vista diverso, quello di James, ma per tutti Jim, mostrando tutta l’intelligenza, l’amore, la dedizione, il coraggio e l’umanità di quello che diventa, finalmente, il vero protagonista del romanzo. Un uomo disposto a tutto pur di sopravvivere e salvare la propria famiglia, un uomo che da Jim – il nomignolo usato in senso spregiativo dai bianchi per indicare un nero qualsiasi, indegno anche di avere un nome proprio – sceglie di diventare James, e sceglie la libertà, a ogni costo.
Percival Everett con l’umorismo, l’arguzia, lo stile e l’intelligenza che lo contraddistinguono e che l’hanno reso uno degli scrittori più importanti della sua generazione, ci regala un romanzo che cattura il lettore dalla prima all’ultima pagina e che diventerà un punto fermo nella storia della letteratura americana. James è un grande libro che non ha paura di raccontare la vera storia d’America, e dei soprusi e violenze che l’hanno costellata.
Petra Soukupova
OGNI COSA HA IL SUO TEMPO
(Miraggi – Trad. di Letizia Kostner, € 26)
Uno dei più celebri incipit della storia della letteratura recita che « tutte le famiglie felici sono uguali, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo », ma forse anche nell’infelicità ci somigliamo un po’ tutti.
La famiglia protagonista del romanzo – Richard e Alice, sposati da 17 anni, con i due figli di 13 e 11 anni, Kája e Lola, fratello e sorella – sembra estratta da una statistica, appiattita in uno stereotipo descritto nel dettaglio dalla scrittura essenziale e impietosa di Soukupová, che con il suo sguardo entomologico ce ne descrive i comportamenti, i punti di vista, le aspettative, spesso scontate: come c’era da aspettarsi, nulla di straordinario, a nessuno succede niente di particolare, come in un esperimento di laboratorio in cui i vari elementi sono in uno stato di equilibrio. Forse non si tratta della felicità, ma ci si può vivere. Finché un elemento esterno rimette tutto in moto con un effetto a cascata che si riverbera pesantemente su tutti, rivelando che lo stato di quiete – come spesso accade – era apparente. Richard si innamora di un’altra donna. Un evento in fondo comune, che costringe gli altri componenti della famiglia, Alice e soprattutto i figli preadolescenti, a fare i conti con la situazione e a tentare di salvare il salvabile. Sempre che da salvare ci sia ancora qualcosa. Sempre che in quella famiglia ci sia mai stato qualcosa che valesse la pena.
Si può ancora scrivere qualcosa di nuovo, di diverso, su un argomento affrontato innumerevoli volte dalla notte dei tempi? Il segreto di Soukupová è togliere la pelle alle cose, metterle a nudo completamente, senza riguardi e sentimentalismi, e fino al punto di dolore. Solo così la storia che andiamo a leggere può diventare, molte volte, anche la nostra.
Nuria Bendicho Giro
TERRE MORTE
(Voland, – trad. di Tiziana Camerani, € 18)
Dopo un’assenza di tre anni, Joan Capdevila torna a casa e trova la morte. Qualcuno gli spara alla schiena nella masia tra le montagne in cui vive con la famiglia. Isolati da tutti, ferini e aridi come le terre che lavorano, i Capdevila sono convinti che l’assassino sia uno di loro: il ragazzo, cresciuto allo stato brado come un animale storpio; Maria e Pere, bramosi di fuggire anche se solo uno dei due ce la farà; Tomàs, il primogenito attaccato come un folle alla famiglia e alla terra; il padre, un uomo debole e sopraffatto dalla tragedia; la madre, irrimediabilmente segnata dall’inferno in cui è cresciuta. Fanno da controcanto gli abitanti del paese: dall’esterno, intuiscono i segreti e gli orrori che scorrono nel sangue dei Capdevila… Tredici personaggi in altrettanti monologhi disseminano tutti gli indizi necessari a far luce sull’omicidio in un noir polifonico che esplora i recessi più oscuri e terribili della natura umana, cancellando la distinzione tra vittima e carnefice, tra salvezza e perdizione.

OGNI SINGOLA ASSENZA
(Hacca, € 18)
Le donne protagoniste di questa storia lunga almeno tre generazioni si passano l’un l’altra un segreto da custodire: possono farcela da sole, anche senza padri, mariti, fratelli: «nelle loro storie gli uomini erano eventi atmosferici, incidenti capitati sulla strada per farle inciampare». Lo intuisce per prima Tina che è mezzo sorda e che alla risaia impara la resistenza; lo capisce Viola, che scrive lettere ai morti di famiglia e si fa ritrarre nuda senza provare vergogna; per Giada è l’istinto, o forse le stelle che a volte interroga, a dirle che il futuro è tutto nelle sue mani. E Ira, senza «confini spessi abbastanza per ripararsi dagli assalti esterni», che si ritrova a misurare il proprio spazio nel mondo attraverso distanze, allontanamenti continui.
Ogni singola assenza è la storia di una famiglia, o meglio di una memoria familiare. La memoria delle donne che a essa appartengono e di quelle che hanno incrociato il loro cammino; un romanzo di formazione collettivo, un racconto non edulcorato di sorellanze, maternità, legami.
Noo Saro-Wiwa
IN CERCA DI TRANSWONDERLAND
(66thand2nd – Trad. di Caterina Barboni, € 18)
Da bambina le vacanze in Nigeria erano l’incubo di Noo: estati fatte di caldo e zanzare, senza elettricità né acqua corrente. Per lei e i suoi fratelli, abituati alla frescura del Surrey – un paradiso traboccante di Twix, cartoni animati e alberi rigogliosi –, il villaggio d’origine era una sorta di «gulag tropicale». Poi nel 1995 suo padre, l’attivista Ken Saro-Wiwa, viene assassinato e tutto finisce. Niente più vacanze, niente più estati torride, un esilio volontario che dura molti anni, finché Noo decide di tornare per scrivere una guida sui generis. Prima tappa Lagos: traffico, bancarelle, okada che schizzano a velocità assassina, minibus stracolmi assediati da predicatori e venditori. E ancora l’asettica Abuja e l’arido Nord musulmano, i bronzi dell’antico Impero del Benin, le splendide statuette di Nok, i monoliti di Ikom e il parco dei divertimenti Transwonderland, con le sue giostre fatiscenti, specchio della decadenza di un paese minato dalla corruzione e dai conflitti interni. Nel corso del viaggio l’autrice si infuria, si rammarica, con sguardo occidentale critica e disapprova, ma la Nigeria è pur sempre la sua terra e i nigeriani il suo popolo. È il momento di riconciliarsi con loro e con il ricordo del padre.
Marcelo Rubens Paiva
SONO ANCORA QUI
(La Nuova Frontiera, – trad. di Marta Silvetti, € 18)
Rio de Janeiro, gennaio 1971: Marcelo ha solo undici anni quando il padre, un ex deputato, viene sequestrato dagli agenti della dittatura militare. Da quel momento di lui non si avranno più notizie.
Con cinque figli da crescere e nonostante il dolore, Eunice, la madre di Marcelo, ingoia le lacrime e trova la forza di ricostruire la propria vita. Riprende gli studi con una determinazione straordinaria e diventa avvocato, dedicandosi alla difesa dei diritti civili, alle lotte per la democratizzazione del Paese e alla ricerca della verità.
Anni dopo, quando Eunice si ammala di Alzheimer, Marcelo inizia un viaggio nei ricordi al tempo stesso personale e universale: un atto di testimonianza che mira a mantenere viva la storia e l’identità della famiglia e quindi anche la memoria collettiva.
Con una prosa limpida e toccante, che alterna momenti di intensa emozione a sprazzi di ironia e disincanto, l’autore racconta una storia di resistenza, amore e giustizia, cercando di comprendere cosa sia realmente accaduto in quei giorni fatidici del 1971 e dando voce a un’intera generazione segnata dalla dittatura.
Chiara Fiorentini
L’ANNO CHE TI HO DETTO ADDIO
(66thand2nd, € 17)
Bea vive a Ginevra e deve fare i conti con un compagno inclemente: il lutto. Il fratello Edo, giovane architetto, si è ammalato e alla notizia, annunciata troppo tardi, ha fatto seguito una morte giunta troppo presto. Tutta la sua famiglia sembra in preda a uno smarrimento che Bea non riesce ad arginare: la nonna, un tempo colonna portante di quel piccolo mondo, mostra per la prima volta il lato fragile dei suoi anni; la madre sceglie una partenza che ha il sapore di un abbandono; la cugina Lili abbraccia una felicità pagata a caro prezzo. Inoltre, a qualche mese dalla scomparsa di Edo, il suo compagno Matti si trova davanti a un lascito inaspettato, che getta un’ombra sugli ultimi mesi di vita del giovane. Perché Edo non ha detto la verità, nemmeno alle persone che per lui contavano di più? È indispensabile conoscere la verità per continuare ad amarlo? Mentre Bea e Matti cercano di dipanare questo enigma la loro strada incrocia quella di Nico, ricercatore sull’Alzheimer finito sotto inchiesta che ha bisogno del loro aiuto. Si troverà una via d’uscita oppure andrà tutto alla deriva?
Chiara Fiorentini interroga il tempo che comincia dopo la perdita: come si fa a dire davvero addio a qualcuno che non c’è più, a prendersi cura di quanto abbiamo ricevuto senza che questo ci blocchi inevitabilmente nel passato? Come si può sopravvivere alle cose che ci hanno fatto male, e al male che abbiamo fatto agli altri?
Bea vive a Ginevra e deve fare i conti con un compagno inclemente: il lutto. Il fratello Edo, giovane architetto, si è ammalato e alla notizia, annunciata troppo tardi, ha fatto seguito una morte giunta troppo presto. Tutta la sua famiglia sembra in preda a uno smarrimento che Bea non riesce ad arginare: la nonna, un tempo colonna portante di quel piccolo mondo, mostra per la prima volta il lato fragile dei suoi anni; la madre sceglie una partenza che ha il sapore di un abbandono; la cugina Lili abbraccia una felicità pagata a caro prezzo. Inoltre, a qualche mese dalla scomparsa di Edo, il suo compagno Matti si trova davanti a un lascito inaspettato, che getta un’ombra sugli ultimi mesi di vita del giovane. Perché Edo non ha detto la verità, nemmeno alle persone che per lui contavano di più? È indispensabile conoscere la verità per continuare ad amarlo? Mentre Bea e Matti cercano di dipanare questo enigma la loro strada incrocia quella di Nico, ricercatore sull’Alzheimer finito sotto inchiesta che ha bisogno del loro aiuto. Si troverà una via d’uscita oppure andrà tutto alla deriva?
Chiara Fiorentini interroga il tempo che comincia dopo la perdita: come si fa a dire davvero addio a qualcuno che non c’è più, a prendersi cura di quanto abbiamo ricevuto senza che questo ci blocchi inevitabilmente nel passato? Come si può sopravvivere alle cose che ci hanno fatto male, e al male che abbiamo fatto agli altri?
Alessandro Fantin
DIO MI DEVE CHIEDERE PERDONO
(nuovadimensione, € 17)
Un ragazzo di provincia ignaro delle dinamiche politiche e sociali viene deportato nei lager nazisti. Si salva grazie all’amicizia e alla forza di resistenza.
Luciano Battiston è un ventunenne della campagna pordenonese quando viene arrestato nel 1945 durante un rastrellamento notturno. Torturato dai fascisti della “Banda Vettorini” e condannato a morte dal tribunale tedesco, viene graziato e deportato a Mauthausen il 7 febbraio con il numero di matricola 126625. Affronta i 186 scalini della “Scala della Morte” e tutte le mansioni più massacranti.
Sopravvive all’inferno del lager grazie a un compaesano, Luigi “Vigi” Belluz, ritrovato nel campo. Luciano e Vigi fanno un patto: “O via tutti e due o a casa tutti e due”; i due amici dividono tutto, persino l’aria che respirano. Giunto allo stremo delle forze e a un passo dal forno crematorio, Luciano viene liberato dalle truppe americane il 6 maggio 1945. I due compaesani sopravvissuti tornano a casa a piedi, affrontando molte avversità lungo il percorso.
La confessione toccante di Luciano è stata raccolta dal nipote Alessandro, un passaggio di testimone per tramandare ciò che è stato e scongiurare i rigurgiti di nazifascismo.
Mario Valentini
QUATTRO GIOVANI MALVIVENTI IN FUGA
(Exorma, € 14,50)
La parabola criminale di quattro giovani balordi di un quartiere periferico di Palermo – Brum Brum, Minchiasecca, Miracolo e Palummu Mutu – fa emergere la città con le sue dinamiche, la mafia come fatto reale, la cronaca, i contesti, gli ambienti e i fenomeni sociali. Dopo le prime rapine a mano armata fatte a quindici anni spostandosi in autobus e il loro arresto, i quattro decidono di organizzare un colpo grosso, un’azione da criminali veri.
Nonostante gli avvertimenti di Tanino Imparato detto Gesù Cristo, il capomafia della zona, i quattro portano avanti il loro piano. Ma, per una strana e sconclusionata casualità, nella fabbrica abbandonata in cui la banda ha nascosto le moto, viene ritrovato un bunker…
La specificità della cronaca e quella della finzione narrativa si intrecciano: da una parte c’è la realtà, con le sue ragioni; dall’altra il racconto. In mezzo ci stanno le cose, come barchette tra le onde, tirate un po’ di qua, un po’ di là.