Lavinia Mannelli
L’AMORE é UN ATTO SENZA IMPORTANZA
(66thand2nd, € 15)
Giulia e Guido sono una giovane coppia di aspiranti intellettuali: lui fa l’insegnante e sogna di diventare un pittore di successo; lei lavora all’Ikea, ha ambizioni da designer e organizza serate contro il patriarcato. Il loro rapporto sembra solido e senza ombre, ma un giorno, per festeggiare l’anniversario, lei gli fa trovare sul divano Tamara, una bambola del sesso di ultima generazione. Con gli occhi di questo ospite inconsueto, che inaspettatamente e a loro insaputa ha acquisito autocoscienza, osserviamo così lo svolgersi delle dinamiche di coppia. Tamara è un regalo o un ricatto? In ogni caso il suo arrivo scompaginerà a poco a poco ogni equilibrio. Lasciata sola a casa in compagnia della tv, giorno dopo giorno la bambola prende lezioni sulla vita e sull’amore da Maria De Filippi, Barbara d’Urso e altre eroine dell’intrattenimento di Mediaset. Quando incontra David, un artista amico della coppia, si sorprende a desiderarlo. Ed è proprio attorno al desiderio che Lavinia Mannelli costruisce questo romanzo delizioso e indocile: il desiderio sessuale e quello di successo e di riconoscimento, i volubili desideri dei messaggi mediatici come quello più radicato e radicale di tutti, il desiderio di essere amati.
Pascale Kramer
UNA FAMIGLIA
(Nutrimenti – Trad. di Luciana Cisbani, € 17)
Una storia di crepe e sgretolamenti, fra le aspettative, le menzogne, le ansie, la rabbia e l’affetto di cinque membri di una famiglia alle prese con la desolante problematicità del figlio maggiore. Lui – l’apatico trentottenne Romain devastato fin dall’adolescenza dall’alcolismo – è il grande assente, l’unico di cui alla fine ignoreremo il reale vissuto in questo gruppo famigliare colto nei giorni convulsi dell’arrivo dell’ultima nata di casa. Il lieto evento è funestato dalla notizia che Romain ha perso quel posto di lavoro su cui tutti avevano fatto tanto affidamento.
Uno per volta, seguiamo i membri della famiglia, ognuno alle prese con difficoltà e sofferenze coltivate all’ombra di quell’ingombrante pena famigliare, ognuno con le proprie convinzioni e ricette per Romain, che riappare come un fantasma in fuga. Del resto, il mansueto e amabile Romain è in fuga da sempre; così come da sempre accetta, e nel contempo rifiuta, qualunque cosa dalla sua famiglia.
Sarà Lou, la neomamma, l’elemento più lucido e razionale, a esprimere l’amara constatazione finale: per aiutare Romain, “non avremmo dovuto avere una vita”.
Nicolas Mathieu
LA CANZONE POPOLARE
(Marsilio – Trad. di Margherita Botto, € 21)
Hélène compirà a breve quarant’anni. Ha ottimi studi alle spalle, una carriera stimolante, due figlie. Nata nell’Est della Francia, ha vissuto a lungo a Parigi e, agli occhi degli altri, ha realizzato il sogno di tutte le ragazzine di provincia: andarsene, cambiare ambiente, riuscire. Eppure, tornata sulle colline di Nancy, avverte un’insoddisfazione profonda; ha quasi la sensazione di aver corso invano, di aver sprecato l’esistenza.
Christophe i quaranta li ha passati da poco. Al contrario di Hélène, non ha mai lasciato la cittadina dove entrambi sono cresciuti. Al contrario di lei, ha preferito lavorare con lentezza, restando a far baldoria con gli amici di sempre e rimandando al futuro i grandi sforzi, le grandi decisioni, l’età delle scelte. Oggi abita con suo padre e suo figlio, vende cibo per cani e ha ricominciato a giocare a hockey come quando aveva sedici anni. Si direbbe che Christophe abbia sbagliato tutto. Eppure lui crede che tutto sia ancora possibile.
Lacanzone popolare racconta Hélène e Christophe, che si scoprono adulti senza essere davvero cresciuti. Racconta la loro nostalgia di un’adolescenza che non tornerà, la loro voglia di ricominciare daccapo. E il desiderio di due corpi non più innocenti, ma dannatamente vivi.
Il Premio Goncourt Nicolas Mathieu, uno degli scrittori più celebrati della letteratura francese contemporanea, ritrae le crepe della società e le ferite dell’anima in una romantica e potente ballata sul tempo che passa, sui piaceri che ci rimangono quando i sogni evaporano, sulle chimere a cui ci aggrappiamo per non essere travolti dalla paura del domani.
Kiran Millwood Hargrave
L’ALBERO DELLA DANZA
(Neri Pozza – Trad. di Alessandro Zabini, € 19)
In un’estate rovente del 1518, un’estate che porta con sé carestia e siccità, una donna, una figura solitaria e forse impazzita, comincia a danzare nel centro della piazza principale di Strasburgo. Danza per giorni, senza tregua, agitando la testa e dimenando le membra, che sembrano tirate da funi demoniache. È la fame a provocarla, la sete, la ruggine nel pane, forse il diavolo: le autorità, vescovo in testa, si affannano a cercare le cause di quel bizzarro comportamento, per evitare che minacci la vita della comunità. Ben presto, però, alla prima donna danzante se ne uniscono altre, centinaia di donne di tutte le età che si sfiniscono a forza di dimenarsi, senza fermarsi neppure quando sono allo stremo delle forze. Neppure davanti alla morte.
Poco distante da lí, nella fattoria dei Wiler, vive Lisbet, con la suocera e il marito. Il suo lavoro è occuparsi delle api, fonte di sostentamento della famiglia. È incinta per l’ennesima volta, la tredicesima, ma in questa occasione, al contrario delle altre, spera che il bambino sopravviva, spera di non sanguinare, di non dover appendere al suo albero l’ennesimo nastro in memoria di un essere umano che non ha mai visto la luce. Nei giorni in cui lei lotta per la sopravvivenza del bambino non ancora nato, fra un marito che non la desidera piú e una suocera che non le ha mai voluto bene, torna dalle montagne Nethe, la cognata in esilio ormai da sette anni per un peccato che non può essere nominato. Un segreto che Lisbet, tuttavia, vuole scoprire a ogni costo. Cosí, mentre in città rimbomba il suono di centinaia di piedi danzanti e di musica mescolata a inutili litanie religiose, Lisbet si trova invischiata in una storia di passioni proibite e inganni, che le insegnerà che cosa significa essere donna nel sedicesimo secolo, epoca di superstizione e di straordinarie scoperte, di pericoli e di paure.
Dopo il successo di Vardø. Dopo la tempesta, Kiran Millwood Hargrave narra di una famiglia e dei suoi segreti, ricostruendo con la sua impeccabile prosa una straordinaria vicenda storica che illumina l’ingrato destino toccato spesso alle donne nel corso della Storia.
Margaret Atwood
PER ULTIMO IL CUORE
(Ponte alle Grazie – Trad. di Elisa Banfi, € 18)
In un Nord America messo in ginocchio da una disastrosa crisi economica e dal dilagare della criminalità, Stan e Charmaine, una giovane coppia innamorata, cedono alla falsa lusinga della normalità e della sicurezza promesse da un avvenente progetto, in cambio della rinuncia a qualche «piccola» libertà personale. Finiscono in una città troppo bella per essere vera, dove tutti hanno una casa e stanno bene, dove il prezzo è lavorare per un losco personaggio a capo della comunità, facendo cose orribili: per esempio praticare iniezioni letali ai condannati a morte o lavorare in una sorta di mercato del sesso. Si ritrovano così a fare il male per libera scelta ma contro la loro volontà. Questa situazione conflittuale li trascinerà in un surreale complotto che darà lo spunto per interrogarsi su cosa significhi amare – in un futuro dove non solo il sesso ma anche l’amore è mercificato – e scegliere. Una riflessione spumeggiante e graffiante, calata in una narrazione serratissima, dal ritmo travolgente, che usa con disinvoltura il paradosso e l’ironia per portare alla luce quelle gemme preziose nascoste nell’arte di Margaret Atwood: pensieri nuovi.
Anthony Bourke, John Rendall
LA GIOIA DI RUGGIRE INSIEME
(Libreria Pienogiorno – Trad. di Ilaria Maggioni, € 17,90)
C’è tutto quel che conta in queste pagine: amicizia, amore, gioia contagiosa.
Un giovane leone adulto nella savana si avvicina da lontano a due ragazzi, prima con cautela, poi travolgendoli, ma di affetto e feste, come chi è felice di ritrovare vecchi amici che non incontrava da tempo. Milioni di persone nel mondo hanno visto il video di quell’abbraccio nella natura selvaggia, uno dei più visualizzati di YouTube, e uno dei più emozionanti e commoventi mai apparsi su uno schermo, tanto da essere diventato il simbolo dell’amore che supera ogni limite e dell’amicizia che infrange ogni barriera.
Ciò che ha portato due giovani australiani trapiantati a Londra fin tra le braccia di un leone nella savana keniota è il cammino imprevedibile del destino. Un paio di anni prima, mentre da turisti modello fanno acquisti da Harrods, Anthony e John si imbattono in qualcosa che li fa trasalire. In un reparto dei famosi magazzini, dove per un certo periodo, a patto di poterseli permettere, si poteva comprare qualunque animale esotico, è in vendita un cucciolo di leone di pochi mesi. I due nulla sanno di leoni, ma sanno che non possono permettere che Christian, come lo chiamano prima ancora di averlo, vada incontro a una vita di cattività. Con molto coraggio, e un pizzico di incoscienza, decidono di acquistarlo per una cifra per loro strabiliante. Inizia da qui una meravigliosa convivenza fatta di responsabilità, mobili distrutti, sfide psicologiche e fisiche con un animale dalla personalità complessa e forte, ma soprattutto di amicizia, fiducia, rispetto e amore generoso e indistruttibile. E delle scelte, a volte ardue, che chi ama prima o poi è chiamato a fare…
Gennaro Serio
LUDMILLA E IL CORVO
(L’orma, € 18)
Nel settembre del 1923, mentre passeggiavano in un parco a Berlino, Dora e Franz si imbatterono in una bambina in lacrime, inconsolabile all’offerta di una carezza e persino di un gelato. Kafka le chiese cosa potesse darle tanto dispiacere. La bambina disse di non trovare più la sua bambola, quella che tante ore di felicità aveva condiviso con lei. Credeva di averla smarrita al parco. Kafka quasi pianse, dice Dora, ma senza farsi notare dalla bambina. Disse, so io dove si trova la tua bambola. Come fai a saperlo, chiese la bambina. Mi ha scritto una lettera per te, disse Kafka, ce l’ho a casa, se vuoi vado a prenderla. Sì? chiese la bambina, davvero? prendila, per piacere. Io mi chiamo Franz, si presentò Kafka. Io Ludmilla, disse la bambina.
Uno studioso islandese siede all’ombra di una veranda affacciata sui vitigni di Coimbra. Tiene la mano poggiata su un plico di fogli ingialliti, che si credeva esistesse soltanto nelle fantasie più spericolate dei critici letterari di mezzo mondo. Se fosse ciò che sembra, vi si troverebbe raccontato il lungo viaggio di una bambola braccata da elusivi figuri che la tengono lontana dall’amore della sua vita, un corvo.
Alla ricerca di quelle pagine fantasma – inseguite invano fra tendoni da circo, casseforti inviolabili e traduzioni approssimative – si sono lanciati per decenni cacciatori di manoscritti e fanatici pronti a tutto. Si vocifera possa essere il leggendario romanzo che Franz Kafka avrebbe scritto per consolare una bambina in lacrime, incontrata durante una passeggiata al parco nel settembre del 1923.
Gennaro Serio prende spunto da questo episodio reale della vita del grande scrittore praghese e, con una prosa iridescente e un’inventiva densa di umorismo, lo trasforma in un implacabile gioco narrativo. Ludmilla e il corvo è un romanzo fiabesco, avvincente e caparbiamente inverosimile, una festa della finzione che celebra il potere immaginifico della letteratura.
Gianmarco Perale
AMICO MIO
(NNE, € 17)
Tom ha tredici anni, è in terza media e nutre un’amicizia esclusiva e totalizzante per il suo compagno Poni. In classe e agli allenamenti di calcio gli riserva attenzioni costanti, che l’amico ricambia con affetto genuino ma sempre più prudente. Un giorno, per difendere l’amico, Tom spacca il naso a un compagno di classe: finiscono tutti dal preside ed è Tom a pagarne il prezzo. Preoccupata e sola, la madre non riesce a decifrare i comportamenti del figlio e si affida a uno psicologo, ma gli adulti rimangono ai margini del mondo di Tom, convinto che il suo modo di dimostrare l’amicizia sia l’unico possibile. Incompreso e angosciato dalla distanza che Poni comincia a mettere fra loro, Tom si scopre pronto a tutto pur di tenerlo vicino. In un crescendo senza tregua, Gianmarco Perale ci conduce in un viaggio dentro un sentimento d’amore nuovo, indicibile, che ha i tratti di un’ossessione prepotente e disperata. Amico mio è un romanzo vivido e commovente, di dialoghi fittissimi, che ci ricorda le emozioni feroci e le ferite invisibili dell’adolescenza, quelle scintille di verità, a volte spaventose, capaci di rivelare la nostra natura più autentica. Questo libro è per chi amava vestirsi da pirata a carnevale, per chi ricorda i pomeriggi passati a vedere Harry Potter alla tv, per chi scrive poesie senza preoccuparsi delle rime, e per chi ha inventato un mondo nuovo, di terra e di acqua e di cielo, dove gli uomini e le donne si capiscono e si proteggono.
Emiliano Ricci
LA MERAVIGLIA DEL CIELO
(Ediciclo, € 9,50)
La collana «Piccola filosofia di viaggio» invita Emiliano Ricci, giornalista e scrittore scientifico, a raccontarci le sue spedizioni a caccia di fenomeni celesti, ma anche le grandi avventure “astronomiche” del passato, inseguendo le emozioni che solo una notte stellata sa dare, alla scoperta dello stretto rapporto che lega il cielo alla Terra e all’umanità.
Tiffany McDaniel
SUL LATO SELVAGGIO
(Atlantide – Trad. di Luca Briasco, € 26)
“C’era della bellezza, nel lato selvaggio. E c’era della bellezza nelle donne che lo abitavano. Mia madre, mia zia, nonna Keith. Donne dalla pelle sempre calda, che sembrava sudassero anche nel bel mezzo di una tempesta di neve. Donne che si mettevano il mascara ascoltando la radio e parlando con orgoglio della nostra antenata di tanti secoli prima che era stata condannata per stregoneria, impiccata non una ma due volte, e poi bruciata, quando il cappio si era spezzato.«È da lei che abbiamo preso questa pelle sempre calda. Non puoi dare fuoco a una donna e pretendere che le sue eredi non provino il calore delle fiamme. Ed è sempre da lei che abbiamo preso la capacità di predire il futuro», diceva nonna Keith, sottolineando come anche io e mia sorella fossimo almeno un po’ streghe. «Non voglio essere una strega», disse mia sorella. «Hanno le verruche sul naso». «Tesoro», disse nonna, prendendole il viso tra le vecchie mani, «essere una strega non significa indossare un cappello a punta, cavalcare una scopa o avere una verruca sul naso. Significa essere una donna che non vuole padroni. Una donna con un potere. È per questo che le hanno dato fuoco. Hanno cercato di ridurre in cenere il suo potere, perché una donna che dice più di quello che dovrebbe dire, e fa più di quello che dovrebbe fare, è una donna che bisogna cercare di mettere a tacere, e distruggere. Ma esistono cose che neppure il fuoco può distruggere. E una di queste cose è la forza di una donna»”.
Scrive così Tiffany McDaniel ne “Sul lato selvaggio” che viene proposto in anteprima mondiale da Atlantide nella traduzione di Luca Briasco. Il romanzo – che si rivela visionario, potente e ipnotico nello stile di Tiffany McDaniel, tanto apprezzato dai lettori italiani – prende spunto da una serie di sparizioni e delitti femminili insoluti avvenuti a Chillicothe, Ohio.
Fabrizio Gatti
NATO SUL CONFINE
(Rizzoli, € 16)
Un Paese distrutto dalla guerra. Centinaia di persone da mettere in salvo. Fabrizio Gatti attraversa di nuovo il mare, dalla Libia al largo di Lampedusa, per raccontarci il viaggio di una famiglia siriana, e di tante altre famiglie dal destino simile, verso la salvezza. Lo fa affidandosi a una voce impossibile, ma più vera e più forte di qualunque altra. È la voce di un bambino non ancora nato, Mabruk, che tutto vede e ci fa vedere, mai accettare. Ed è insieme la voce dei suoi coraggiosi compagni di viaggio. E di tutte le persone cui sia toccato in sorte di scappare dal proprio Paese in guerra. Un romanzo ispirato a un’incredibile storia vera (passata alle cronache come “la nave dei bambini”) e a tante storie vere dei nostri giorni. Un finale che ci interroga sul significato di essere figli, genitori e persone libere. E sulle responsabilità e i ruoli che la società ci affida. L’autore dei bestseller Bilal e Viki che voleva andare a scuola torna alla narrativa con un romanzo avvincente e drammatico. E pone a tutti una domanda: noi, al loro posto, che cosa avremmo fatto?
Esther Kinsky
ROMBO
(Iperborea – Trad. di Silvia Albesano, € 18)
«In seguito, tutti parleranno del rumore. Del rombo. Con cui è iniziato.» Il 6 maggio 1976 un violento terremoto colpisce il Friuli, squarciando il paesaggio e l’esistenza di chi lo abita. A rievocare quei giorni sono sette abitanti di una valle nell’estremo nord-est della regione. Uomini e donne all’epoca già adulti o ancora bambini di cui ricostruiamo le vite in un’arcaica comunità montana di origini slave, con la sua peculiare identità linguistica e storica, le sue suggestive tradizioni, il suo retaggio di terra povera e di confine dove si sognava di fuggire o di vedere il mare, dove si emigrava per lavoro e si ritornava con nostalgia. Una terra di leggende in cui il terremoto ha origine dal mostruoso Orcolat o dalla Riba Faronika, la possente sirena a due code. Alle voci umane che raccontano un mondo antico di colpo travolto dalla paura fanno da controcanto le voci della natura attraverso una vivida descrizione del paesaggio carsico, dai fiori agli uccelli – i soli viventi immuni al terremoto – fino alle rocce che nei loro strati e colori conservano traccia dei movimenti millenari della terra. Così la memoria dell’uomo, che tenta di ricostruire con le parole quello che è andato distrutto, che cerca segni premonitori nelle ore precedenti al sisma per non rassegnarsi alla propria impotenza, che va modellandosi nel tempo insieme alle ferite, sembra confrontarsi con la memoria geologica. In un mosaico narrativo che riesce a combinare scienza e poesia, Rombo racconta la precarietà dell’esistenza e il senso profondo del ricordo mettendo a confronto ciò che passa e perisce per sempre e ciò che rimane, sottoposto a incessante mutamento, in natura come nella memoria.