Lidia Ravera
AVANTI, PARLA
(Bompiani, € 18)
Giovanna ha i capelli bianchi, però lunghissimi e folti. Vive in un bell’appartamento che guarda il fiume, nel centro di Roma, ma è un’operaia in pensione. In un tempo in cui tutti inseguono il successo, la popolarità, lo svago lei vive sola, non parla con nessuno, non va mai in vacanza. Le sue giornate si susseguono uguali e attente fra la musica che ascolta per dimenticarsi di se stessa e i romanzi che legge per rispecchiarsi nelle vite degli altri. Non è felice né infelice, è come se vivesse uno sconfinato tempo supplementare dopo una partita che per lei si è chiusa presto, quasi quarant’anni fa, nel secolo scorso, quando per la smania di cambiare il mondo potevi commettere sbagli così gravi da pesare sulla tua coscienza per sempre. Ha pagato il suo debito con la giustizia, Giovanna, ma se hai un’anima come la sua la punizione non basta mai. Un silenzio da penitente, dunque, quello che ha scelto, un silenzio che va in mille pezzi quando nell’appartamento accanto al suo arriva, anzi, irrompe una famiglia di beniamini degli dei: Michele, musicista svagato, Maria, bellissima e sempre un po’ spogliata, Malcolm, tredicenne impegnato a salvare il pianeta, e Malvina, tre anni di pura gioia. Giovanna prima li guarda e li ammira, poi si lascia coinvolgere nella loro vita: bambinaia volontaria, amica grande, presenza silenziosa e generosa. E infine dalla loro vita viene travolta, come succede quando l’amore apre una breccia nelle tue difese e ti ritrovi vulnerabile, nuda. Ma di nuovo viva. Una prima persona asciutta e nervosa, un memoriale che al lettore rivela, pochi indizi alla volta, un quadro finale di sconcertante, dolorosa dolcezza. Lidia Ravera illumina ancora una volta un ritratto di donna alle prese con il tormento della maturità, quando tutto è finalmente chiaro e la resa dei conti, se hai abbastanza coraggio, può trasformarsi in un nuovo, tardivo inizio.
Sally Bayley
LA RAGAZZA CON LA COLOMBA
(Clichy – trad. di Giada Diano, € 17)
«La lettura è una forma di fuga, e un lettore avido è un artista della fuga. Ho iniziato a fuggire nel momento in cui ho cominciato a leggere».
In una casetta in riva al mare nella provincia inglese, Sally cresce con la madre, la nonna e tanti fratellini. Un giorno dell’estate 1976, uno di loro, lasciato in giardino accanto alle rose, sparisce all’improvviso. Dopo quell’episodio terribile, la mamma di Sally «andrà a dormire» per molto tempo, e niente sarà più lo stesso. A casa loro si trasferisce la carismatica Zia Di, e iniziano a verificarsi fatti sempre più misteriosi, impossibili da comprendere per la mente di una bambina: chi sono le persone dai vestiti colorati, che cantano e pregano? Cosa è successo al piccolo David e alla donna chiamata «Povera Sue»? Per fuggire da una situazione tanto dura e inquietante, Sally si rifugia in un mondo fatto di libri e letture, costruendosi una realtà alternativa. Al suo fianco compaiono i protagonisti dei grandi classici della letteratura, da Miss Marple, a Jane Eyre, a David Copperfield, che prendono vita e diventano per lei punti di riferimento, amici, membri di una famiglia alternativa che le permette di resistere e superare i momenti più difficili. Sally Bayley ripercorre la sua infanzia in una famiglia disfunzionale in un memoir trascinante e commovente dallo stile unico, fornendo al contempo un’intensa testimonianza del potere trasformativo e salvifico della lettura e dell’immaginazione.
Michele Vaccari
URLA SEMPRE, PRIMAVERA
(NNE, € 19)
Per Zelinda il presente è il 2022, e Genova, la sua città, è messa a ferro e fuoco come nel G8 del luglio 2001. Procreare è diventato un reato, e per Zelinda l’ultima ribellione è la fuga, per mettere in salvo la bambina che porta in grembo a costo della sua stessa vita. Per il Commissario Giuliani il presente è l’8 settembre 2043, quando viene chiamato a indagare sulla morte di un uomo centenario che ha cambiato le sorti del paese. Per Spartaco il presente è sua nipote Egle, la figlia di Zelinda: lui, partigiano, queer, militante, dovrà addestrarla a combattere per se stessa e per gli Orfani del bosco, i bambini sopravvissuti. Presente, passato e futuro entrano senza bussare nella vita di Egle che, depositaria di una storia familiare e di un potere legato ai sogni, è l’unica in grado di immaginare il cambiamento. Nella Metropoli che è diventata l’Italia, un’oligarchia di uomini anziani, la Venerata Gherusia, ha cancellato istruzione e scienza, avvelenato terre e città, e i cittadini devono scegliere di estinguersi. Ma la scintilla del sogno è così potente da piegare la realtà, aprendo la strada alla rivoluzione.
Scritto in una lingua indomabile, Urla sempre, primavera è un romanzo vertiginoso, da leggere come un libro d’avventure. Una storia d’amore e lotta, un sogno lucido e folle dove la natura si supera dando vita a una nuova umanità.
Jonas Jonasson
DOLCE è LA VENDETTA SPA
(La Nave di teseo – trad. di Stefania Forlani, € 22)
Victor Svensson è un esperto d’arte ambizioso e senza scrupoli. Lavora in una grande galleria e il suo progetto è di impossessarsene sposando la figlia del proprietario, Jenny. Il suo piano perfetto va in crisi quando scopre di avere un figlio adolescente di origini africane, Kevin. Per non rovinarsi la reputazione Victor, che non ama gli stranieri, si libera del ragazzo durante un viaggio in Kenya, abbandonandolo nella savana nella speranza che i leoni lo alleggeriscano da quel fastidioso problema. Kevin si salva e cresce educato da un guerriero masai finché, orgogliosamente, decide di scappare dal suo villaggio per raggiungere Stoccolma sulle tracce del padre. Qui ritrova Jenny e insieme, per rifarsi dell’uomo che ha distrutto le loro vite, si rivolgono ai servizi di una società molto particolare: Dolce è la vendetta SpA.
Jonas Jonasson inventa una esilarante avventura in giro per i continenti, seguendo la missione segreta di un ragazzo irresistibile, in cerca di una vendetta quasi perfetta.
Mia Couto
L’UNIVERSO IN UN GRANELLO DI SABBIA
(Sellerio – trad. di Vincenzo Barca, € 16)
Tra i massimi scrittori di lingua portoghese, Mia Couto è autore di romanzi tradotti in tutto il mondo in cui il fantastico può mischiarsi al realismo e la magia insinuarsi nella vita quotidiana e scardinarne gli ingranaggi. Ma non è solo romanziere, possiede un acuto e originale sguardo politico, e in questo libro si muove tra sociologia e letteratura, cultura e antropologia, biologia e ambientalismo. Couto ricorda con commozione e affetto la città della sua infanzia devastata da un ciclone tropicale nel marzo 2019. Analizza le debolezze e inefficienze dei governi africani, sottolineando le forzature della giustizia, l’incertezza dei diritti civili, la posizione subalterna della donna. L’ammirazione per le figure di Samora Machel, primo presidente del Mozambico indipendente, e di Nelson Mandela, lo porta ad annotare la loro più grande qualità: quella di voler conoscere e parlare con i propri avversari per capire il nemico e le ragioni che lo muovono. Sono questi alcuni dei temi del volume, che risplende della capacità di Mia Couto di costellare le sue riflessioni di piccole storie che nascono all’improvviso e hanno, in poche righe, la compiutezza e la felicità di un microracconto. Come quello della sarta portoghese che segue in Africa il figlio unico mandato da Salazar a combattere i negri, o quello del cacciatore di un villaggio nella foresta che, cieco, vede attraverso i sogni e chiede al fratello di fare una visita oculistica al suo posto dicendo «abbiamo gli stessi occhi». O la storia della balena spiaggiata su una costa del Mozambico, a cui i poverissimi abitanti strappano le carni prima ancora che sia morta.
L’indole dello scrittore diventa uno strumento per immergersi nella complessità dei nostri tempi e nella trasversalità delle loro dinamiche. Ne scaturisce una riflessione al tempo stesso letteraria e critica, da narratore e da saggista, che ha l’ambizione di «pensare il mondo» per provare a comprenderlo.
Antoie Volodin
STREGHE FRATERNE
(66thand2nd – Trad. di Anna D’Elia, € 17)
Éliane Schubert, attrice girovaga, racconta nel corso di un interrogatorio la storia della compagnia teatrale itinerante di cui ha fatto parte. Anni interminabili passati a viaggiare sugli altopiani a bordo di due furgoncini carichi di fagotti attraverso villaggi e contrade, recitando farse medievali e scenette di agit-prop, in un mondo indefinito dove si aggirano banditi a cavallo, crudeli e assetati di sangue.
Il racconto di Éliane è intervallato da brevi vociferazioni, stralci di una cantopera trasmessale dalla madre e dalla nonna, attrici girovaghe anche loro. Questi slogan snocciolati come un mantra, con incitamenti all’assassinio e parole d’ordine concepite per un popolo da fine mondo, sono il fulcro narrativo della seconda parte.
La terza e ultima parte, costruita come un’unica frase lunga oltre cento pagine, conduce il lettore nello spazio scuro, trascinandolo in una potente spirale onirica e allucinatoria. Streghe fraterne è un grande trittico, un’opera tutta al femminile, violenta, segnata da una sessualità delirante ma anche dalla nostalgia della declamazione e della parola. E dal desiderio di sopravvivere, a ogni costo.
Antonia Pozzi, Paolo Cognetti
L’ANTONIA
Poesie, lettere e fotografie di Antonia Pozzi scelte e raccontate da Paolo Cognetti
(Ponte alle Grazie, € 16)
È la storia di una ragazza dalle lunghe gambe nervose quella che Paolo Cognetti ha raccontato in questo libro, che scorre sotto i nostri occhi come un docufilm. Milano, la montagna e la scrittura sono le cose che sente di avere in comune con lei. La ragazza ha attraversato una manciata di anni del Novecento: la sua famiglia borghese l’ha imprigionata nel conformismo ma le ha dato la possibilità di fare esperienze precluse ad altre donne, come studiare all’università, viaggiare in tutta Europa, andare in montagna e scalare. Ha esplorato il mondo con desiderio ardente, ha esplorato sé stessa attraverso la fotografia e la poesia. Ha amato con sovrabbondanza e inesperienza, come i suoi pochi anni le hanno consigliato. La montagna è sempre statala sua maestra e il suo rifugio. Si chiama Antonia Pozzi ed è morta suicida nel 1938, ma qui rivive per noi attraverso foto, diari, lettere e poesie, frammenti di un’esistenza che palpita ancora grazie al racconto di Cognetti che, mescolando le proprie parole alle sue, ce la restituisce in un ritratto nitido e delicato: un omaggio a un’artista che, senza saperlo e senza volerlo, ha scritto un capitolo della storia del secolo scorso.
Pierre Ducrozet
L’INVENZIONE DEI CORPI
(Fazi – trad. di Antonella Conti, € 17)
Iguala, Messico, 2014. Un giovane professore di informatica sfugge miracolosamente a uno dei più feroci massacri perpetrati dalla polizia collusa coi narcos, quello dei quarantatré studenti della Scuola Rurale di Ayotzinapa in viaggio verso una manifestazione. L’orrore negli occhi, le ali ai piedi, la mente ottenebrata dal trauma, Álvaro Beltrán attinge da una rabbia antica come l’ingiustizia la forza per percorrere la traiettoria della sopravvivenza: il deserto, il filo spinato, gli Stati Uniti, San Francisco, la Silicon Valley. Ma la violenza che credeva di essersi lasciato alle spalle ha solamente cambiato volto. Caduto nella trappola di un magnate del web ossessionato dalla ricerca dell’immortalità, diventa cavia di una serie di esperimenti transumanisti che perseguono l’utopia di un uomo-macchina potenzialmente eterno: «la morte è un’ideologia come un’altra». Dietro il folle progetto non c’è soltanto lui, il miliardario che ha assoldato Álvaro, ma il gotha del mondo digitale: Mark Zuckerberg, Larry Page, Sergey Brin, Elon Musk… Obiettivo finale, la creazione di un’isola artificiale al largo di San Francisco, dove i «re del mondo» possano «creare in pace l’uomo e la società del futuro» con un’unica legge vigente, quella della loro volontà.
Avventura letteraria capace di accogliere e inglobare temi estremi, fughe liriche, sequenze mozzafiato e suggestive digressioni paesaggistiche da road movie, L’invenzione dei corpi è un romanzo che racconta le sfide della modernità in un’esplorazione labirintica delle reti che stanno rimodellando la vita contemporanea, dal corpo umano al World Wide Web.
Flannery O’Connor
UN BRAV’UOMO è DIFFICILE DA TROVARE
(minimum fax – Trad. di Gaja Cenciarelli, € 17)
Uscito nel 1955 e composto da dieci racconti inarrivabili per forza espressiva e spietatezza dello sguardo, Un brav’uomo è difficile da trovare impose immediatamente Flannery O’Connor come l’esponente di punta di quello che sarebbe stato ribattezzato il «gotico sudista».
Unica sua raccolta pubblicata in vita, ha esercitato un’influenza incalcolabile su scrittori, musicisti, filosofi, politici per la ricchezza dell’apparato simbolico e la potenza e originalità del tema religioso.
Dal racconto che dà il titolo al volume – con l’esplosione finale di violenza e le parole misteriose con le quali il Balordo, capo di una banda di rapinatori e assassini, chiude la storia, –all’irruzione di uno straniero nella tranquilla esistenza della «brava gente di campagna» di un’altra memorabile novella, fino alla sarcastica rielaborazione del tema razziale nel «Negro artificiale», O’Connor attinge al grottesco e a un umorismo a tratti feroce per costruire un un microcosmo umano in miracolosa sospensione tra commedia e tragedia, amore e crudeltà, dannazione e salvezza.
Alessandro Giraudo
ALTRE STORIE STRAORDINARIE DELLE MATERIE PRIME
(Add, € 16)
Dagli albori della civiltà le materie prime sono state essenziali per lo sviluppo delle nostre società. Hanno alimentato fortune e guerre sanguinose, azioni di spionaggio e contrabbando. Mercanti e banchieri, spie e scienziati, esploratori e navigatori, tutti in lotta per scoprirne il segreto e controllarne il mercato.
Miele, ambra grigia, perline di Venezia, stracci, cotone indiano o americano. Cadaveri, corallo, talco, girasoli, le pietre nere di Marco Polo (il carbone). Lana della salamandra (l’amianto), cola e angelica… Manie e mode creano e distruggono fortune sconvolgendo gli equilibri economici, sociali e politici.
Dopo il successo di Storie straordinarie delle materie prime, Alessandro Giraudo prosegue nel racconto della storia del mondo con 40 nuove materie che compongono un affresco pieno di avventure e colpi di scena.
“Se il Vangelo fosse stato scritto da uno storico dell’economia, i Re Magi forse sarebbero stati quattro, o dodici come ha scritto Michele il Siro, perché i beni preziosi, nel corso dei secoli, sono stati molti di più.”
Un libro che svela le biografie di metalli, vegetali e altre sostanze che hanno contribuito allo sviluppo (o alla crisi) delle civiltà. – Danilo Zagaria, «La Lettura»
Ivan Talarico
DIZIONARIO DEGLI AMORI IMPOSSIBILI
(Neo, € 12)
Ivan Talarico, al suo esordio come narratore, si diverte a inventare paradossi e ossimori di coppia; un dizionario per ridere e riflettere sull’assurdità degli amori che viviamo, abbiamo vissuto e potremmo vivere.
Edoario e Pizia vogliono vivere una vita insieme nonostante non si conoscano e non si piacciano; Attima e Secondo si sposano perché l’irruenza di lui non le permette di spiegarsi; Cuola e Donio vivono un rapporto confinato in un’eterna colazione; Arnatola non crede ai fantasmi ma si innamora di Madio, che è un fantasma, e la cosa crea qualche problema.
Ogni storia prende il titolo dalla parola che più la rappresenta. E ogni parola, in ordine alfabetico, crea un piccolo dizionario sulle infinite e surreali combinazioni tra amanti: un vademecum umoristico che riassume cinquantadue interi drammi in poche righe, senza farne un dramma.
Illustrazioni di Antonio Pronostico, dalla A alla Z.
Bryan Washington
PROMESSE
(NNE – Trad. di Emanuele Giammarco, € 19)
Mike ha origini giapponesi e fa il cuoco in un ristorante fusion a Houston, Texas. Benson è nero, ha una famiglia ingombrante e fa il maestro d’asilo. Mike e Ben vivono insieme da qualche anno, ma non sono più sicuri di amarsi, nonostante l’affetto, il sesso, l’intimità conquistata a fatica. Quando la madre di Mike, Mitsuko, arriva a Houston in visita per la prima volta, Mike decide di partire per il Giappone: suo padre Eiju, che ha abbandonato la famiglia da anni, ha una malattia incurabile. Così, mentre Ben e Mitsuko si trovano costretti a condividere spazi e abitudini, in una strana convivenza che si costruisce in cucina, nella cangiante città di Osaka Mike si confronta con il padre e la sua eredità.
Raccontato a turno da Benson e Mike, tra ricette giapponesi e comfort food, Promesse è una commedia dolceamara che parla di famiglia, tradimenti e scelte di vita. I personaggi di Bryan Washington sono eroi impacciati, alle prese con una nuova epopea delle relazioni, dove i sentimenti e i desideri non riescono a passare dalle parole ma dai piccoli gesti di ogni giorno, che hanno il potere di trasformare l’insofferenza in tenerezza, il rancore in compassione, e aprire il cuore alla felicità.
Questo libro è per chi ama sedersi al parco, nel silenzio, a sentire i suoi pensieri, per chi sceglie di porre fine a una conversazione smozzicata con il sesso, per chi mostra l’affetto preparando la cena con cura, e per chi ha capito che amare una persona significa lasciare che cambi quando ne ha bisogno, anche se la casa non sarà più la stessa.
Régis Jauffret
MICROFICTIONS. SECONDO VOLUME
(Clichy – Trad di Tommaso Gurrieri in collaborazione con il Corso di laurea in Mediazione linguistica e culturale dell’Università LUMSA di Roma, € 25)
Undici anni prima di quello che in Italia è noto come Microfictions, il volume uscito per Clichy che nel 2019 ha rivelato finalmente anche nel nostro paese uno tra i più grandi scrittori viventi, Régis Jauffret ha pubblicato, nel 2007, la sua prima raccolta di microracconti, intitolata Microfictions e provocatoriamente sottotitolata «romanzo».
Con questo libro ha di fatto avuto inizio e definizione la narrativa unica di un autore imprescindibile. Un incontenibile e «originario» diluvio di storie, in cui la narrazione della deviazione e dello sperdimento umano è se possibile ancora più estrema, più aspra, più scivolosa, a tratti quasi intollerabile. Eppure già qui, come in tutto ciò che questo «sacerdote del male dell’uomo» ha scritto in seguito, si sprigiona quella sorta di ipnosi, di sottile, velenosa attrazione che ci impedisce di distoglierci dalla lettura, costringendoci a uscire dalla nostra «comfort zone» e andando lentamente a erodere e sgretolare ogni nostra convinzione, ogni certezza su cui si fondano la nostra identità e sicurezza. In questi ulteriori cinquecento racconti, ognuno di sole due essenziali, travolgenti, spietate pagine, si staglia tutta la forza della letteratura, che come nient’altro al mondo può aprire le porte della nostra percezione e farci capire cosa siamo, cosa non siamo, cosa vorremmo essere, cosa per nostra fortuna forse non saremo.
Bérengère Cournut
DI PIETRA E D’OSSO
(Neri Pozza – Trad. di Margherita Botto, € 18)
Il sole è scomparso dietro la linea dell’orizzonte da tre lune quando una giovane inuit, Uqsuralik, infila calzoni, stivali, giacca e scivola fuori dalla casa di neve dove dorme la sua famiglia. L’aria è gelida, la notte è chiara come un’aurora e tutto intorno corre un vasto gregge di stelle.
Mentre cammina sul ghiaccio Uqsuralik avverte un boato in lontananza. Potrebbe gridare, ma non servirebbe a niente: la banchisa si sta spaccando a pochi passi da lei, il suo iglú è al di là della fenditura, e cosí anche la slitta e i cani. L’enorme scricchiolio ha svegliato suo padre, che fa appena in tempo a gettarle un involto pesante, una pelle d’orso strettamente arrotolata, prima che la fenditura si trasformi in canale e la sua famiglia scompaia nella foschia.
Lasciata a sé stessa nell’oscurità e nel freddo polare, Uqsuralik sa che la sua unica possibilità di sopravvivere è raggiungere un lembo di terra, una delle montagne in lontananza. Sperando che la luna resti in cielo abbastanza a lungo per illuminarle la via, la giovane donna si mette in cammino senza voltarsi indietro.
Ha inizio cosí un viaggio che la porterà a confrontarsi non solo con le condizioni estreme dell’ambiente che la circonda, ma anche con sé stessa. Discendente di un popolo di cacciatori nomadi le cui uniche risorse per sopravvivere sono gli animali, le pietre lasciate libere dalla terra congelata, le piante e le bacche che crescono al sole di mezzanotte, Uqsuralik perfezionerà le sue tecniche di caccia, si muoverà con le stagioni e vivrà con le tribú nomadi che abitano l’estremo nord, ma anche con gli spiriti e gli antichi elementi della sua terra.
Ispirandosi alle tradizioni della Groenlandia orientale e dell’Artico canadese, e intrecciando tra di loro animismo, sciamanesimo e folclore, Bérengère Cournut racconta una straordinaria storia di formazione che, attraverso il vagabondaggio nell’immenso bianco di una giovane donna, diventa anche un viaggio indimenticabile nel ricchissimo universo del popolo inuit.
Biorn Larsson
NEL NOME DEL FIGLIO
(Iperborea – Trad. di Alessandra Scali, € 16,50)
Cosa significa vivere senza padre e convivere con pochi ricordi del passato, senza radici e nessuna voglia di trovarne di nuove? Björn Larsson firma un romanzo intimo e doloroso, un omaggio al padre prematuramente scomparso.
27 agosto 1961. A Skinnskatteberg, nella Svezia centrale, una piccola barca a motore carica di sei uomini e due bambini prende il largo nel lago Nedre Vätter durante una gara di pesca. Un altro bambino, figlio dell’elettricista Bernt Larsson, non ha voluto accompagnare a bordo il padre ed è tornato a casa. A notte fonda lo sveglia un grido disperato: la zia ha saputo che la barca è stata ritrovata capovolta e i passeggeri sono dispersi. Gli otto corpi vengono poi recuperati, ma la dinamica dell’incidente resterà per sempre oscura. A Skinnskatteberg tutti piangono le vittime, tutti tranne il figlio di Bernt: lui per la morte del padre riesce a provare soltanto sollievo. Com’è possibile? Dopo molti anni quel bambino è diventato uno dei più importanti scrittori svedesi, ma ai personaggi delle sue storie non ha mai dato una famiglia, dei parenti, un passato, e si accorge di aver sempre vissuto da orfano, guardando più avanti che indietro. Di certo non ha mai rimpianto il padre, del quale ha solo una manciata di ricordi. Ma cosa significa, per lui e per chiunque, vivere senza radici e senza desiderarne? Tra dubbi e vuoti di informazioni, ha inizio la ricognizione di un legame di sangue, destinata a fare di quel padre solo la proiezione di un figlio. Sfilano, in questa indagine in bilico tra biografia e autobiografia, e tra narrazione pura e divagazioni scientifico-filosofiche, i grandi scrittori del passato che Björn Larsson ha letto e studiato, da Harry Martinson a Per Olov Enquist, da Marcel Proust all’amatissima Simone de Beauvoir, contribuendo a restituire, insieme al ritratto impossibile di un padre, una riflessione sulla memoria, sull’identità e sulla libertà.