Se state vivendo un momento complicato della vostra vita, con poco tempo da dedicare alla lettura, non – e ripeto: NON – cominciate questo libro. Perché correte un rischio tremendo. Rischiate di finirlo presto, nel tempo minimo necessario a un uomo per leggere trecento pagine fitte fitte.
Vi troverete a far colazione sfogliandolo, a vestirvi col libro in mano (difficile), ad agitare il libro per fermare il bus (impossibile), a digitare sulla quarta di copertina anziché sulla tastiera (non funziona). La vostra vita diventerà insomma un inferno (io comunque vi avevo avvertito).
‘Chicago’ è la storia corale di una piccola comunità egiziana raccolta attorno alla facoltà di Medicina dell’Illinois. C’è il giovane borsista, l’anziano luminare, lo studente attempato, che studia poco e passa il suo tempo a far la spia.
E ci sono le storie di americani stranieri in patria, come la bella donna nera che non trova lavoro per il colore della sua pelle; e il suo compagno, più che sessantenne ma rivoluzionario a vita.
Al-Aswani ha imparato la lezione di Mahfuz, e descrive con due parole psicologie complesse, per poi scavarci dentro, fino a sviscerarle. Riesce così a far sembrare leggere storie che non lo sono, e a mettere nell’ultima pagina un messaggio di speranza che per una volta non suona artefatto.