Buongiorno, Lunatici!
Come vanno le cose? In tanti vi abbiamo già rivisti e ospitati per le nostre serate, per i nostri pranzi o per le merende e le vostre ore di studio e ci sembra che pian piano qualcosa che abbia a che fare con la normalità faccia timidamente capolino. Bene o male tutti ci stiamo provando, in qualche modo…
Ma in realtà, prima di dare spazio ai nostri prossimi eventi e alle letture consigliate, vorremmo rendervi parte di una riflessione fatta qualche settimana fa.
Abbiamo chiuso le pagine di In terra straniera gli alberi parlano arabo di Usama Al Shahmani (Marcos y Marcos) proprio il giorno in cui avevamo deciso di ascendere alla Sacra di San Michele e in noi sono partiti rivoli di pensieri.
Il libro parla dell’esperienza autobiografica dell’autore, rifugiato in Svizzera dall’Iraq. Un libro, capirete, duro per ciò che racconta, ma estremamente bello per la grande lezione che racchiude (senza pretendere prealtro che una lezione sia: quella è stata una nostra interpretazione!). I capitoli si dividono in alberi: l’albero dell’amore, l’albero della speranza, l’albero dell’incertezza, e così via… e per ogni momento di vita vissuta l’autore trova conforto, risposte, semplicemente un soffio di serenità andando a camminare nel bosco, parlando nella sua lingua straniera agli alberi che incontra (così diversi dagli alberi che hanno popolato la sua infanzia, nella sua terra d’origine).
La cosa che ci ha fatto riflettere, è stato in quello specifico momento essere immersi a nostra volta nella natura (anche se a tre passi mal contati dalla civiltà). Sentire il respiro del bosco, il frusciare musicale delle piante, l’odore alternatamente d’umido o di erba secca, provare a distinguere le forme delle foglie, la consistenza dei tronchi, notarne le sagome così differenti. Ebbene, ci siamo ricordati di una sensazione che provavamo spesso quando eravamo più assidui nelle passeggiate, in collina, montagna o bosco che fosse: qualcosa in noi si è placato e abbiamo cominciato un dialogo misto, tra noi e la natura circostante, che non aveva neppure bisogno di parole, ma si nutriva di pensieri e muti rimandi agli esseri che ci circondavano, vegetali come animali.
Ed è stato lì che abbiamo capito con chiarezza il titolo del libro: In terra straniera gli alberi parlano arabo. Già, essere circondati da alberi, piante, fa sentire parte di un tutto più grande, che in ogni parte del mondo parla la stessa lingua, che non fa caso a confini che in natura non esistono, che comprende e sa comprendere perché non ha barriere linguistiche, culturali, sociali o razziali, perché semplicemente esiste. E non ha bisogno di giustificazioni, certificazioni o conferme per farlo.
Provateci, andate in un bosco, in un giardino un po’ isolato, in un posto dove potrete essere a contatto con alberi, terra, piante, natura in genere, ma non troppo addentro al trambusto cittadino. Restate in ascolto e sentirete che musica. Abbandonatevi a questo dialogo così intimo e vedrete quanto vi farà bene e appicchicandovi addosso una calma che resterà per un po’… fino alla prossima volta!