Hannah Craft
MEMORIE DI UNA SCHIAVA
(Clichy – Trad. di Giada Diano e Giulia Facchini, € 21)
Carolina del Nord, metà Ottocento. Hannah è una giovane donna ed è una schiava: questa è la storia del suo coraggioso cammino alla conquista della libertà. Un racconto avvincente che si snoda tra sontuose dimore padronali, piantagioni e fitte foreste del Sudest degli Stati Uniti, in un mondo popolato da mercanti di schiavi senza scrupoli ma anche da sconosciuti mossi da un’inaspettata generosità.
Scritto tra il 1853 e il 1861 da Hannah Bond, una donna afroamericana fuggita dalla schiavitù, con lo pseudonimo di Hannah Crafts, il manoscritto è rimasto sconosciuto per oltre un secolo. Riscoperto nei primi anni Duemila, Memorie di una schiava si attesta come il primo romanzo scritto da una donna afroamericana, un’opera che si è subito affermata come una pietra miliare della letteratura, capace di unire il fascino del romanzo ottocentesco a un’analisi ancora attualissima delle contraddizioni che affliggono l’America.
Per raccontare il sistema schiavista, Crafts sceglie la forma del romanzo piuttosto che quella autobiografica, generando una narrazione di straordinaria forza psicologica ed emotiva, che fa luce sulla disumanità su cui le classi dominanti bianche hanno costruito la fortuna di cui godono ancora oggi.
Un racconto sferzante nel quale risuonano gli echi della grande tradizione letteraria ottocentesca – da Dickens a Brontë – e che ci offre un’inestimabile testimonianza di prima mano sulla condizione delle schiave afroamericane. Con il suo limpido talento letterario, l’autrice dà finalmente voce a generazioni di donne silenziate, restituendo dignità e senso a tutte le vite spezzate dalla schiavitù.
Fosca Navarra
LA NOTTE FA ANCORA PAURA
(mirimum fax, € 18)
Nella Milano post Unità, la gatta Aida contempla ossessivamente le stelle e percepisce oscuri presagi; non è in grado di trarne un senso, ma avverte che il gomitolo della sua esistenza ha appena cominciato a dipanarsi: dopo la morte, la sua anima intraprende un viaggio che attraverserà i continenti e un secolo di storia. È così che conosceremo Mabel, che nella Londra vittoriana insegue un ideale di bellezza che si fonde al sacrificio; la giovane Lian che, dalle risaie di primo Novecento, sarà costretta a modificare il proprio corpo secondo i dettami della cultura cinese; la prostituta Madeleine che nella Parigi degli anni Venti cerca di opporsi alla prevaricazione maschile; la piccola etiope Fenan, che nel 1936 è condannata ad essere abusata in un paese in mano ai fascisti; Amy, che va incontro al suo vero sé nell’America maccartista degli anni Cinquanta; e infine Carmen, la volitiva napoletana che, alle soglie del 1968, si chiede se il prezzo da pagare per essere amata non sia in fondo la rinuncia di sé e dei propri sogni.
La scrittura di Fosca Navarra – poeta classe 2000 e qui al suo esordio nella narrativa – incanta per le sorprendenti melodie classiche con cui avvolge le protagoniste. Sette donne che, in luoghi differenti ed epoche distanti, si ritrovano a vicenda in una memoria individuale e collettiva, gravate da un fardello che sembra replicarsi identico, e ammantate di una forza che, da che mondo è mondo, si tenta con ogni mezzo di addomesticare proprio perché potenzialmente dirompente e pericolosa.
James McBride
IL COLORE DELL’ACQUA
(Fazi – Trad. di Roberta Zuppet, € 18)
Nata in Polonia in una famiglia di ebrei ortodossi, Rachel Deborah Shilsky cresce nell’America degli anni Venti divisa tra la severità di Tate e la dolcezza di Mame, fino a quando nel 1941 fugge ad Harlem, sposa un nero e viene ripudiata dai suoi familiari. Da allora Rachel Shilsky è morta. Doveva morire per far vivere Ruth McBride Jordan, l’altra, più autentica, versione di sé. James McBride, uno dei suoi dodici figli, è rimasto all’oscuro di tutto ciò fino all’età adulta, quando, per mettere a tacere l’assordante e insistente domanda sulla propria identità, ha deciso di scoprire chi fosse sua madre. Chi è dunque Ruth McBride Jordan? È una donna che ha sempre nascosto le sue origini e il dolore per un passato che è ancora una ferita aperta; è una madre ferocemente protettiva e determinata nel suo amore, che ha imposto regole e preteso una condotta irreprensibile per il bene dei suoi figli; è una bianca, moglie di due uomini neri, per la quale la questione del colore della pelle è sempre stata irrilevante, in un mondo dominato da una spietata divisione razziale. James McBride, una delle voci più interessanti del panorama letterario statunitense, ha impiegato quattordici anni per ricostruire la vita fuori dal comune e densa di difficoltà di sua madre, intrecciando alla voce bruciante e vivace di quest’ultima le proprie esperienze di figlio povero di razza mista, i suoi flirt con la droga e la violenza, fino all’affermazione professionale.
Pubblicato per la prima volta nel 1995, Il colore dell’acqua ebbe un successo clamoroso, vendendo oltre due milioni di copie e rimanendo nella classifica americana per due anni consecutivi. Intenso e toccante racconto a due tracce, celebra l’incrollabile ostinazione di chi nella vita conquista ogni traguardo e lotta per difendere ciò in cui crede.