Se è vero che i bar di Madrid hanno 7 entrate e nessuna uscita, come assicura il suo autore, in questa guida ci sono 532 porte d’accesso, 532 bocche spalancate su occasioni di cazzeggio, godimento e conoscenza.
Certo, il problema poi è uscire, come avrete capito. Ma una volta dentro, probabilmente non ve ne verrà nemmeno voglia.
L’idea da cui nasce La guida di Giuda è semplice e affascinante: raccontare una città attraverso i suoi bar, luoghi in cui ci si perde ma si trovano fili, li si riannoda, si dà un senso alle cose, a costo d’inventarlo. A costo di reinventare la stessa geografia della città, che Alessandro Gianetti immagina percorsa da due fiumi, Tigri e Eufrate (in realtà le due grandi arterie stradali: la Gran Vía e Calle de Alcalá), costellata di isole.
Ogni bar è raccontato da un capitoletto di solito breve, massimo una pagina e mezzo. Con una bella scrittura, precisa ma sempre pronta allo slancio di fantasia, Gianetti ci fa entrare in bar fumosi – l’ispirazione richiede fumo, e quasi tutto il libro è stato scritto prima del divieto di fumare in spazi chiusi – locali dove c’è poca differenza tra chi sta dietro e chi davanti al banco, bar scomodi, opachi, telepatici. Pochi sono quelli eleganti, o brillanti di luci; in tutti o quasi ci sono le tapas, a volte cibo per clienti intrepidi, rimasto sul banco da generazioni.
A impreziosire il testo, i disegni di Valerio Giovannini, eleganti bozzetti in bianco e nero in cui la vita da bar si cristallizza (amici che chiacchierano, un cliente collassato sul tavolo, le pulizie mattutine prima dell’apertura).
In una serie di romanzi gialli, Francisco González Ledesma fa agire il vecchio poliziotto Méndez, che risolve i suoi casi non ricorrendo alla scientifica, all’introspezione psicologica o alla forza fisica, ma alla saggezza dei bar. Va per taverne, parla con la gente, ricostruisce il contesto. Che nel caso di Méndez è un tal quartiere di Barcellona, ma poco cambia: i bar restano smagliature nel tessuto di una città, attraverso cui puoi vedere verità profonde.
Sono porte: quasi sempre d’ingresso, quasi mai d’uscita.