Se ogni buon romanzo ha un tema che si può esprimere in poche parole, I terribili segreti di Maxwell Sim è la storia di un uomo in crisi che perde la sua identità di persona, la cerca quasi suo malgrado, fino a riscoprirla – diversa – alla fine del libro.
Tra i due momenti, perdita e riscoperta, Coe fa muovere il suo protagonista come un burattino in balia degli eventi: sballottato da un continente all’altro, da un incontro all’altro. Ma con una sorta di stella polare, nell’immagine della donna cinese con la figlia che apre il libro.
Lasciato dalla moglie, dopo sei mesi di crisi e aspettativa sul lavoro, Maxwell Sim dovrebbe decidere cosa fare della sua vita. Dovrebbe, appunto, ma non è in grado: è un essere prosciugato di ogni volontà. Forse è sempre stato così: non ha mai scelto davvero qualcosa, s’è solo adeguato alle circostanze. Ma ora le cose sono cambiate: non ha più una compagna, sta perdendo il lavoro, si scopre senza amici.
Su questi presupposti comincia un romanzo fatto di molti eventi, che per un bel pezzo Maxwell non capisce. Equivoca le intenzioni degli altri, mistifica i segni del destino. Non riesce, pur volendo, a riconciliarsi col passato. Il rapporto col padre rimane un rebus di buone intenzioni frustrate. Un’amica che non vede da anni, e che forse è stata innamorata di lui, lo turba. Max è un pupazzetto di 48 anni, che sente confusamente e non agisce.
[cro_callout text=”Un romanzo sceneggiato alla perfezione, simbolicamente ricco, ironico e profondo. Da leggere.” layout=”3″ color=”#891C09″]Poi però succede qualcosa. Pezzi della sua storia familiare emergono quasi per caso, e raccontano una verità sorprendente. Gli viene offerto un lavoro folle, una specie di commesso viaggiatore delle terre estreme. Dovrà vendere spazzolini ecologici. Quando accetta, è forse la prima decisione che prende in tutto il libro. Ma non sarà l’unica: in un susseguirsi di eventi casuali, scoperte dal passato, evidenze del presente, Max ricomincia a vivere. E a dirigersi, con un pizzico di volontà, proprio dove indica l’immagine iniziale della donna cinese, quella stella polare che lo porterà a trovare finalmente se stesso.Con un romanzo sceneggiato alla perfezione, dal tono ironico, pieno di storie e simbolicamente ricchissimo, Jonathan Coe racconta molto bene le fragilità e incertezze dell’uomo di oggi. La sua solitudine. La sua frustrata ricerca di un senso. Nelle ultime sette pagine, poi, si concede lo sfizio di giocare con il suo protagonista: un dettaglio sostanzialmente inutile, che tanti han giustamente criticato ma che non toglie nulla a un ottimo romanzo.