Lunatici del nostro cuor, buondì o buon pomeriggio o buonasera (dipende da quando ci leggerete)!
La newsletter di questa settimana avrà toni un po’ mesti, almeno inizialmente…
Abbiamo partecipato ad un funerale in questi giorni, ma non vogliamo rattristarvi, solo portare alla luce la riflessione che lo ha accompagnato. La morte, si sa, fa parte della vita. E quando arriva arriva, come tutte le cose ovvie che prima o poi capitano. Questa dipartita in particolare non ci riguardava poi così da vicino, ma riguardava da vicinissimo un’amica di lunga data, quelle conosciute sui banchi di scuola, che poi, come è in alcuni casi consueto che accada, perdi per strada. Chiaramente il tempo in questi casi conta poco, come conta poco la frequentazione. Qualcosa dentro spinge ad esserci alle esequie, più che altro per chi rimane.
Ebbene, il saluto è stato dato in una di quelle agenzie del lutto che mettono la pubblicità ovunque: cartelloni, autobus, pagine di giornali, quelle con grandi insegne monumentali e asettiche. Perché devi star tranquillo: è il loro mestiere, si occuperanno loro di tutto. E in effetti entrando c’era musica soffusa, le sottilissime tv di ultima generazione alle pareti rimandavano immagini di altre simili celebrazioni in cui il dolore era attutito, ammorbidito da questa ovatta di efficienza e poco clamore. La celebrazione un susseguirsi di scritti di vario genere, poesie, il momento più toccante il coro di amici dell’amica (scusateci il bisticcio di parole) in lutto che hanno cantato per la mamma volata via. Poi la funzione del diacono.
Ecco, la sensazione è stata quella respirata nella frase letta anni fa e mai dimenticata in un libro piccolo e minore di Natalia Ginzburg, Famiglia che aveva solo due capitoli: Famiglia e Borghesia. La frase recitava più o meno (andiamo a memoria): la mia impressione è che i morti siano lontanissimi dai cimiteri. Tutta questa ritualità, tutta questa costruzione scenica attorno ad un lutto, tutti questi gesti consunti, queste formule, questo seguire un copione. Certo, forse in questo modo si ottimizzano risorse, tempi, si organizza e dirige in modo indolore una quantità di persone sopraggiunte.
Ma la persona che se n’è andata? Dov’è? Non nelle parole che abbiamo sentito, non in tutta questa pantomima pomposa. L’abbiamo piuttosto trovata negli occhi commossi, negli abbracci, nel bacio posato sulla guancia di un ragazzetto disperato, troppo piccolo per comprendere ciò che stava accadendo.
Vero, non siamo credenti, ma non è questo il punto. Il problema è aver percepito la distanza algida che tutto ciò che abbiamo vissuto ci ha rimandato. Forse avremmo preferito un inno alla vita. Ricordare ciò che quella persona è stata e che continua ad essere grazie alle relazioni che ha intessuto. Meno forma, più sostanza, insomma. Perché non è detto che allontanare significhi alleviare, anzi!
Ci scusiamo. Ci siamo dilungati e su un argomento tutt’altro che leggero, ma proprio non potevamo fare a meno di rendervi parte di questa silenziosa protesta: vogliamo vita, anche nella morte, perché della vita fa parte!
Detto questo alleggeriamo pensando ai due imperdibili appuntamenti che ospiteremo questa settimana e buona vita a voi!