Tom Malmquist
L’ARIA INTORNO A NOI
(NNE – trad. di Katia De Marco, € 18)
È il 2010 quando Tom Malmquist legge su un vecchio quotidiano la notizia della morte di Mikael K., un uomo di trent’anni trovato senza vita in una grotta alle porte di Stoccolma. Omicidio o suicidio? Il fatto risale al 1991, quando Tom era poco più di un ragazzo, e il caso rimane irrisolto e viene archiviato. Dopo quasi vent’anni, Tom si documenta con l’intenzione di scrivere un libro, e via via scopre sempre più inquietanti analogie che lo legano alla vittima. Guidato da un’ossessione frenetica si trasforma in un detective irriducibile, e l’indagine diventa il suo unico traguardo, come se trovare un senso alla vita e alla morte di Mikael fosse la chiave per trovare un senso alla propria vita, e un nuovo inizio.
L’aria intorno a noi è un’inchiesta narrativa su un uomo senza qualità, nascosto nelle pieghe di un fatto di cronaca. Muovendosi con coraggio tra autofiction e true crime, Tom Malmquist riesce a rivelare il mistero di ogni vita, che negli occhi degli altri può prendere forma e consegnarsi alla potenza abbagliante dei ricordi.
Questo libro è per chi ha provato a indovinare il peso del suo cuore, per chi vorrebbe rendere omaggio a John May di Still Life, per chi torna ai luoghi d’infanzia dove si orienta seguendo solo la memoria, e per chi vorrebbe rendere eterno l’istante leggero e perfetto in cui si taglia un traguardo, quando la fatica sembra scomparsa e le gambe non hanno ancora smesso di correre.
Natalia Garcia Freire
QUESTO MONDO NON CI APPARTIENE
(SUR – Trad. di Lara Dalla Vecchia, € 15)
Dopo anni, Lucas torna alla casa dei genitori per trovarla invasa da due sconosciuti: la casa appare intatta, ma tutto è cambiato, a partire dal giardino tanto amato dalla madre, ora un trionfo di pacciame e desolazione. Il ritorno segna un lungo dialogo del protagonista con il padre morto, nel disperato tentativo di rimettere insieme i pezzi di una vita ormai perduta. Che fine ha fatto Josefina, sua madre? E perché il padre ha aperto la porta a Felisberto ed Eloy, che ora sembrano essersi impossessati di ogni cosa? Di fronte al crollo dell’unico mondo che conosce, Lucas troverà conforto nel minuscolo universo degli insetti, punto d’unione fra l’uomo e la terra. In mancanza di amici, figure di riferimento, perfino genitori, a fargli compagnia nelle eterne giornate passate nei campi sono libellule, bruchi, formiche, mosche, cavallette, scorpioni e ragni, veri padroni del mondo naturale ed esempi anatomici e sociali pressocché perfetti, che lo aiuteranno a dissipare i segreti che avvolgono la sua famiglia e a tramare la propria vendetta.
Lirico e visionario, Questo mondo non ci appartiene è un esordio dirompente per consapevolezza, creatività e poetica, un’indagine sul fragile confine tra bene e male, sacro e profano, lucidità e follia.
Halldor Laxness
IL PARADISO RITROVATO
(Iperborea – trad. di Alessandro Storti, € 19)
Lo humor e la poesia di Laxness raccontano la ricerca umana della felicità attraverso l’epopea picaresca di un contadino islandese che approda tra i mormoni dello Utah.
Steinar di Hlíðar vive in un mondo di miti e valori antichi nell’Islanda di fine Ottocento. Umile contadino e artigiano della pietra, del legno e della poesia, strenuo custode degli ideali delle saghe, si rifiuta di vendere ai potenti del distretto un magnifico cavallo che i suoi due figli considerano magico e che dunque per lui non ha prezzo. Una creatura tanto speciale può essere degna solo di un re, perciò il villico finisce per regalarla al suo sovrano, re Cristiano di Danimarca, insieme a uno scrigno dotato di una chiave nascosta in una poesia. Ma la reazione della corte reale non può essere più deludente per Steinar che, perso di colpo il suo mondo fiabesco, sembra trovare il paradiso in terra nelle parole di un predicatore mormone, e parte fiducioso alla scoperta dello Utah. Comincia così la sua picaresca iniziazione alla nuova fede nella controversa comunità poligama che popola il Regno Millenario di Salt Lake City, dall’altra parte del mondo, dove il contadino islandese comincia a costruire una vita migliore per la propria famiglia, mentre l’adorata figlia, rimasta sola in patria, cade vittima di soprusi e di- sgrazie di ogni sorta. È forse questo il deserto da attraversare per meritarsi la Terra Promessa? Ispirandosi a fatti storici e ai propri viaggi americani, Laxness combina crudo realismo e metafora, satira pungente e folklore in un romanzo sull’Islanda di ieri travolta dalla modernità, che molto si interroga sulla posizione sociale della donna. E compone una parabola sulla ricerca umana della felicità, del «paradiso», dell’«America», con tutti i suoi beati miraggi e le sue disillusioni.
Enrico Prevedello
LE STELLE MOBILI DEL SOTTOSUOLO
(Neo, € 15)
Quando Antonio ‒ affranto dalla perdita della compagna ‒ tenta il suicidio, il mondo si capovolge. E lo salva.
Tutto cade e lui deve lottare per non precipitare in un cielo che inghiotte ogni cosa. Sopra la testa ci sono strade su cui non cammina più nessuno; sotto, il vuoto. L’unico che gli è rimasto vicino è Ctonio, l’avvoltoio che credeva d’aver cacciato da tempo insieme al ricordo di lei. Dal suo appartamento, Antonio osserva l’assurda catastrofe, ne ascolta il silenzio. Sa che ci sono dei superstiti e deve capire come trovarli.
Tra droni sentinella, orti in cassetta e ponti sospesi fra le nuvole, scoprirà un’umanità che resiste e capirà che la speranza, a volte, è dove non l’avresti mai cercata.
Enrico Prevedello inaugura un nuovo mondo; uno scenario straniante che costringe a interrogarsi su cosa ci rende ciò che siamo e cosa porteremmo con noi se il cielo ci cadesse sotto i piedi.
Ayesha Harruna Attah
ZAINAB CONQUISTA NEW YORK
(Marcos y Marcos – Trad. di Francesca Conte, Ill. di Vendi Vernić, € 18)
“Qui finalmente mi sento bene nella mia pelle. Anche quando succede qualcosa di spiacevole, riesco a scrollarmelo di dosso. Non devo sempre far finta di essere qualcun altro per compiacere la gente. Sto finalmente imparando a volare”.
Zainab si prepara a cominciare il suo stage a New York.
Sogna di diventare un’illustratrice professionista e, tra vita notturna, archivi di fumetti storici e street art, gli stimoli non le mancano.
Peccato che le donne della sua famiglia si intromettano a più non posso dal Ghana – e non solo la mamma, che viene a trovarla in carne e ossa nella sua stanzetta in affitto a Brooklyn, ma anche le antenate dall’oltretomba.
Voci che criticano, commentano ogni suo passo, spesso irritanti, ma anche capaci di risvegliare una forza ancestrale preziosissima.
Con il suo terzo romanzo, Ayesha Harruna Attah porta l’Africa a New York.
Guadalupe Nettel
IL CORPO IN CUI SONO NATA
(La Nuova Frontiera – trad. di Federica Niola, € 16,90)
Mi identificavo completamente nel personaggio della Metamorfosi, che aveva una storia simile alla mia. Anch’io una mattina mi ero svegliata con una vita diversa, un corpo diverso, senza sapere fino in fondo in che cosa mi fossi trasformata. In nessun punto della narrazione si dice chiaramente quale insetto fosse Gregor Samsa, ma io capii quasi subito che si trattava di uno scarafaggio. Lui si era trasformato mentre io lo ero per decreto materno, se non dalla nascita.
Una donna si confronta con la sua infanzia segnata da un problema alla nascita: un neo bianco sulla cornea che l’ha costretta a portare per anni un grosso cerotto sull’occhio sinistro. La bambina, immersa in un universo fatto di suoni nitidi e di immagini sbiadite, sviluppa fin da piccolissima un profondo senso di estraneità nei confronti del mondo che la circonda.
Sullo sfondo, il Messico degli anni Settanta, la scuola Montessori, i figli degli esuli politici e i suoi genitori in una relazione aperta. Ma poi, con gli anni Ottanta, tutto viene spazzato via:
la famiglia si disgrega, il padre sparisce e la madre vola in Francia per proseguire gli studi lasciando la giovane protagonista, e il fratello, a casa di una nonna un po’ bigotta.
Il corpo in cui sono nata è un commovente romanzo di iniziazione alla vita e alla letteratura, un viaggio a ritroso verso l’accettazione di sé, un Bildungsroman ambientato tra l’America Latina e l’Europa.
Alessandra Sarchi
VIA DA QUI
(Minimum fax, € 16)
Una giovane donna perde la sua compagna in un incidente, ma a decidere se espiantare o noi suoi organi saranno i genitori. Una bambina tiene un diario delle vacanze mentre una zia che da tempo si è trasferita negli Stati Uniti, vorrebbe comprare una casa sull’argine del Po perché la sua vita non continui a franare. Una coppia vive abusivamente nel sottotetto di un palazzo nobiliare a Bologna e campa di espedienti. Un’altra donna, in California, svuota l’ultimo cassetto per lasciarsi alle spalle un’esistenza sbagliata. Un gruppo di amici si ritrova in cima a un’altana, a Venezia, a Venezia, a ragionare sulle proprie rese e su quanto le loro vite si siano allontanate da quelle che avevano immaginato da giovani. Sono storie di crepe e di traslochi sentimentali, esistenziali, fisici, di case abbandonate o a cui si sogna di ritornare, di legami che il tempo inevitabilmente ha reciso o allentato, dove l’unica ancora che resta è la misericordia verso di sé o la forza dell’amicizia.
Alessandra Sarchi indaga nell’intimo lo smarrimento di queste donne e di questi uomini che cercano il loro posto in un mondo dove tutto subisce accelerazioni e crolli, e i miti prodotti dalla società dei consumi decadono, e scadono, come merci. Uno smarrimento che ci riguarda da vicino perché la loro malinconia, il loro desiderio di fuga e la speranza di ripartire da capo, da qualche parte, sono anche i nostri.
NON MANCHERò LA STRADA – Che cosa può insegnarci il cammino
(Laterza, € 16)
Mettersi in cammino vuol dire scegliere un’altra vita. Una vita semplice, in cui ogni incontro è una porta, ogni volto un viaggio, ogni sentiero una via per esplorare se stessi e il mondo. Farsi nomadi per essere liberi. Un libro prezioso che ci esorta a incamminarci, ciascuno con il proprio passo, verso il nostro destino.
«Ci sono estati chiuse come scatole, sigillate. Sono estati che trascorri in una stanza, in ufficio, o su un letto d’ospedale, in una cella, in uno spazio delimitato da pareti che ti sono ostili. A volte è il lavoro che ti costringe alla clausura, altre volte la malattia, tua o di un tuo caro, oppure la necessità di concentrarti per originare un’opera, o è la depressione che ti impedisce di uscire. Sei rinchiuso in un buio che non se ne va nemmeno quando spalanchi le finestre. Sei al centro della stanza ma è come se non ci fossi. Capitano estati così. È da quel buio che nasce il desiderio incontenibile del cammino. Non è desiderio di andare in ferie dopo un anno di lavoro. Chi è al centro del buio non ha bisogno di ferie, non sa che farsene. Né di spiagge, di hotel, di baite, di centri storici, di musei. Chi sta in quel buio vuole di più. Vuole solamente una cosa: il cammino». Luigi Nacci, originale cantore della ‘viandanza’, della vita come cammino, si interroga sul valore che ha in questi tempi concitati e iperconnessi la pratica ancestrale e stravolgente del viaggio a piedi.
Marta Sanz
PICCOLE DONNE ROSSE
(Sellerio – trad. di Maria Nicola, € 15)
La giovane Paula Quiñones arriva nel paese di Azafrán, nella meseta spagnola, come volontaria per la localizzazione delle fosse comuni in cui i franchisti seppellivano i fucilati della Guerra civile. Dare un nome ai desaparecidos, ricucire storie interrotte, questo il compito per cui è venuta: «per ricordare e per dimenticarsi», dice lei, perché anche una ferita d’amore, una tristezza dell’animo, l’ha portata in questa terra che si va spopolando. Alloggia in un vecchio albergo, di proprietà di una famiglia numerosa sovra-stata da Jesús, un patriarca centenario, assistito amorevolmente dalla nuora Analía che tiene con lui un’ininterrotta comunicazione segreta. Analía ha un figlio, David, uomo attraente che la-vora in città, con cui Paula stringe una relazione sessuale. Perché Paula è una bella ragazza, inoltre ha una caratteristica che forse la rende una perversa attrazione: «la bella zoppa» l’hanno subito chiamata i vecchi al bar. Ed è David che incomincia a parlarle della sua complicata famiglia: nonno Jesús, barbiere ambulante in origine, è diventato un ricchissimo proprietario; il padre di David, un rozzo violento, ha un fratello, delicato musicista, e un altro fratello, maggiore, con cui sono in perenne litigio; il vecchio Jesús aveva una moglie… Così Paula è introdotta alle leggende e ai segreti di quella che appare la famiglia importante del luogo. In tal modo, da due versanti diversi – la storia del paese e le trame di una famiglia –, si riversano su Paula le usurpazioni, le violenze bestiali, le crudeltà, i fatti di «risentimento, guerra, ignoranza, povertà, isteria o odio collettivo». Chi si è arricchito? Chi ha violentato? Chi ha seminato calunnie? Chi è tuttora spia o complice? Paula non è una roccia, la sensibilità e gli affetti spesso prevalgono in lei sullo zelo dell’investigatrice. Così un destino che non è detto sia benigno sembra sospingerla.
L’intricatissima storia, che conta cadaveri antichi ma anche di nuovi, è narrata da due voci diverse: l’una, di Paula; l’altra è il racconto oggettivo dell’amica, che a volte sembra rispondere, a volte vigilare su di lei.
«Un romanzo nero che prolunga le possibilità del romanzo politico», lo ha definito l’edizione originale spagnola. Nella storia di una famiglia si riflette infatti quella di un’epoca e di una nazione, e la realtà di un problema: il lascito della Guerra civile, lo scontro tra il ricordo e il culto accecato della tradizione. Mentre l’innocenza della protagonista si contrappone alla corporeità sanguigna, anche animale, del contesto, in cui il mistero e il senso di oppressione investono personaggi e situazioni, più che gli esiti.
Giordano Meacci
IMPROVVISO IL NOVECENTO – Pasolini professore con una nuova introduzione in versi
(Minimum fax, € 16)
«Mi alzo alle sette, vado a Ciampino (dove ho finalmente un posto di insegnante a 20.000 lire al mese), lavoro come un cane (ho la mania della pedagogia), torno alle 15, mangio, e poi…». È il 1952, e Pier Paolo può dedicarsi alla letteratura solo «poi», nel tempo libero dall’insegnamento. Attorno agli anni ciampinesi di Pasolini e ai ricordi dei suoi alunni e dei suoi amici (Bertolucci, Cerami, Pivano) – quei primi anni Cinquanta in cui nasceva Ragazzi di vita – Meacci costruisce un libro che è al contempo saggio, reportage, diario di viaggio e racconto, e in cui trova posto un’intera teoria di figura del nostro Novecento (e non solo): Totò, Fellini, Hemingway, gli sfollati del dopoguerra, Mizoguchi, il Vangelo, Mantegna, le tradizioni contadine, Simone Martini, il comunismo, Anna Magnani, Goldrake e Happy Days, l’America, Roma, il terremoto del Friuli, la grande poesia, la «scomparsa delle lucciole».
Sheng Key
CRESCITA SELVAGGIA
(Fazi – trad. di Federico Picerni, € 18,50)
A prima vista, la famiglia Li assomiglia a tutte le altre: un nonno scontroso, due genitori oberati di lavoro, quattro fratelli e una casa piccola in cui vivere tutti insieme. Ma siamo nella remota campagna cinese, e lo sguardo affilato di Xiaohan, la figlia più giovane, destinata a diventare giornalista, rivela molto di più. Sullo sfondo della grande storia della Cina – dal 1911, anno della caduta del millenario impero, sino ai giorni nostri –, in una straordinaria commedia umana si snodano così le vicende di questa ramificata compagine. Come rivoli delle acque che attraversano la terra da cui provengono, le vite dei membri della famiglia, generazione dopo generazione, scorrono sospese fra la campagna d’origine, fatta di povertà e meraviglie, e la città foriera di fortuna. Qui, impegnati a rincorrere i propri sogni, i protagonisti si scontrano costantemente con l’arbitrio del potere, le imposizioni del patriarcato e la violenza di una società dove l’unico valore sembra essere rappresentato dal successo personale a scapito del prossimo.
Sheng Keyi, una delle autrici cinesi più popolari, rappresentante di una nuova generazione di scrittrici, firma un’appassionante saga familiare ambientata nella Cina di ieri e di oggi: un romanzo al tempo stesso ironico e drammatico, censurato in patria per via dei temi sensibili che affronta, i cui protagonisti oscillano fra le proprie speranze e i tragici interventi di un fato apparentemente inesorabile.
Yasmina Reza
SERGE
(Adelphi – trad. di Daniela Salomoni, € 19)
Yasmina Reza possiede un orecchio assoluto per «la musica degli uomini e delle donne», e il talento di riprodurla creando personaggi indimenticabili, di cui mette a nudo i lati comici non meno di quelli patetici. Senza sarcasmo, tiene a precisare lei stessa, ma con profonda empatia, poiché tutti sono minacciati dall’insignificanza e dalla malinconia, dallo sfacelo della vecchiaia e dal tempo, che incessantemente ci sottrae la memoria pur non riuscendo a cancellarla completamente. Ed è così anche in questo romanzo, che ci fa entrare nel cuore di una famiglia di origini ebraiche, i Popper, e più precisamente nei complessi, e non di rado conflittuali, legami fra tre fratelli: Jean, il narratore, «quello di mezzo», cresciuto all’ombra del maggiore, il Serge del titolo, un cialtrone bigger than life, inconcludente, superstizioso, scorbutico, scorrettissimo, fragile e seducente; infine Nana, la più piccola, moralista e petulante. E poi figli, nipoti, mariti, ex amanti, a formare un intreccio di voci corrosivo e scintillante. Le tensioni culmineranno in una resa dei conti che avverrà nel corso di una visita ad Auschwitz, tra orde di «gente in tenuta semibalneare, canottiere, sneakers colorate, pantaloncini, tutine, abitini a fiori». «In un’epoca dove sempre più si restringe il campo delle cose di cui si può ridere,» ha scritto Franz-Olivier Giesbert «Reza non rispetta niente: né la famiglia, né il matrimonio, né la donna, né il cancro – e nemmeno, sacrilegio!, i viaggi “turistici” ad Auschwitz».