Riportiamo, nella presente newsletter, la foto di un paio di pagine di un libricino di Marcos y Marcos che abbiamo molto amato: Lost in Translation. Come si può notare dall’immagine riportata si tratta di un libercolo assolutamente gradevole. L’autrice, Ella Frances Sanders (tra l’altro anche autrice dei disegni che vi si ritrovano), ha avuto un’idea unica nel suo genere: ha scelto alcuni vocaboli di svariate lingue che sono di difficile traduzione in altre (proprio perché racchiudono in sè un afflato e un significato talmente particolari e nello stesso tempo ampi da non poter essere riportati – e spiegati – se non con locuzioni, frasi, descrizioni che sicuramente risultano più prolisse di un’unica, semplice parola) e ha tentato di spiegarceli.
Ci siamo soffermati e ci ha colpiti oltre al samar arabo (veglia prolungata fino a tardi, molto oltre il calar del sole, nell’incanto del racconto, in una danza ininterrotta di parole) e al boketto giapponese (lasciar vagare lo sguardo in lontananza, senza pensare a niente) la parola che campeggia in alto: UBUNTU, io posso essere io solo attraverso voi e con voi. Siamo rimasti folgorati, perché soprattutto in un’epoca come questa sarebbe un motto da portare in piazze, gridare nei cortei, stamparne magliette, crearne un inno e, soprattutto, assumerlo come essenza stessa del nostro strare al mondo.
Se la prospettiva di tutti noi fosse questa come si potrebbe pensare a muri tra uno stato e un altro? Come si potrebbe pensare di palleggiare fra nazioni vite umane che, ferme a pochi metri dalla riva, restano in balia della fame e della sete, dell’incertezza? Come si potrebbe anche solo concepire l’idea che esistano razze?
Ubuntu fa pensare a qualcosa di rotondo, onnicomprensivo, proprio come il nostro glob; suggerisce l’idea che solo la consapevolezza di far parte di un tutto, di un tutto che armonicamente agisce in reciprocità di intenti e sentimenti, ci fa essere persone complete, realizzate, piene. I fili che ci legano sono quelli che ci fanno muovere in un continuo scambio vivificatore, che crea ponti, unione, forza e amore (che è un po’ un’empatia al cubo!).
Ecco, forse il vocabolo che da noi più si avvicina a ubuntu è proprioempatia, anche se si perde quella grandiosa estensione che il sostantivo sudafricano ci regala: l’empatia è un atteggiamento che noi mettiamo in pratica interagendo con le altre persone, andando oltre noi stessi e cercando di immedesimarci nell’altro, attraverso l’ascolto, l’osservazione, una disposizione ad accogliere, in sostanza. In ubuntusiamo di fronte ad una condizione dell’essere, ad un sentimento che ci solca in profondità, che se arriviamo a provare modifica radicalmente il nostro stare al mondo. Che può cominciare dall’empatia, ma che poi diventa un assoluto in cui l’umanità non è diversa dal sé, ne è parte integrante, è la motivazione fondante del nostro esserci, la condizione stessa del nostro muovere i passi su questa terra.
Ci emoziona che in un vocabolo così piccolo si nasconda tutta questa meraviglia, questa potenza di significato, questo contenuto così denso e fondamentale, da ripetere a mo’ di mantra, in questo nostro sgangherato presente.
Che siate pervasi di ubuntu in ogni poro della vostra pelle! Spalmatelo bene su ogni piccola cellula che vi compone, poi respirate a pieni polmoni, spalancate gli occhi e il mondo sarà un posto migliore.
Provare per credere!
— — — — — —
Cari Lunatici, oltre a dirvi come al solito di dare un occhio ai nostri appuntamenti di questa e della prossima settimana vi facciamo porre l’attenzione su una novità che da marzo abbellisce le nostre locandine: potete averne un saggio già a lato dei primi eventi di marzo che riportiamo in questa newsletter, ma potete apprezzarle anche cliccando QUI.
Le nostre locandine si sono impreziosite dei bellissimi disegni di Davide Fasolo, che ringraziamo infinitamente per questo magnifico regalo!